30 anni dal suicidio del dirigente del Psi
Sergio Moroni e la lettera a Napolitano prima del suicidio: parole attuali da cui non abbiamo imparato nulla
Nell’anniversario della morte di Sergio Moroni, che fu deputato nonché segretario regionale del Partito socialista italiano della Lombardia.
Moroni si sparò, con il fucile da caccia in bocca, lasciando una lettera indirizzata all’allora Presidente della Camera, Giorgio Napolitano, che la lesse in un’Aula ammutolita e incapace di prendere posizione davanti alla slavina giudiziaria populista che avanzava. Nella lettera, c’è la riflessione del personaggio figlio della politica di quell’epoca in cui si militava in un partito e per il partito. In parole povere, ammise l’appartenenza al sistema partitocratico, ma lungi da lui di averne tratto profitto, cioè di essersi arricchito con la politica.
Moroni fu indagato dal pool Mani pulite per finanziamento illegale dei partiti e la sua morte fu una morte politica e non fu l’unico caso. A pensarci, espresse efficacemente il suo il peso del suo atto estremo: “Quando la parola è flebile, non resta che il gesto”. Non è tutto. C’è nella lettera spedita a Napolitano, un passaggio di un politico dalla vista lunga: “Al centro sta la crisi dei partiti ( di tutti i partiti) che devono modificare sostanza e natura del loro ruolo. Eppure non è giusto che avvenga attraverso un processo sommario e violento…”. Ancora. “Né mi estranea la convinzione che forze oscure coltivano disegni che nulla hanno a che fare con il rinnovamento e la ‘pulizia’. Un grande velo di ipocrisia (condivisa da tutti) ha coperto per lunghi anni i modi di vita dei partiti e il loro sistemi di finanziamento”.
Nel settembre del 1992, l’avviso di garanzia, al contrario di ciò che recita il Codice penale, era il reato più infamante che potesse colpire un politico. Con lo strombazzamento del circo giudiziario mediatico. Uno dei due “direttori d’orchestra”, il vice procuratore, Gerardo D’Ambrosio, così commentò: “Noi ci siamo limitati a perseguire, reati. Poi c’è qualcuno che si vergogna e si suicida”. Di seguito, l’immancabile Piercamillo Davigo: “Le conseguenze dei reati devono ricadere su chi li ha commessi e non su chi li ha scoperti”. La nemesi ha detto la sua poi su chi voleva rivoltare l’Italia come un calzino. Il concerto fu eseguito da orchestrali che suonarono contro Moroni, tra questi ricordiamo alcuni: Giorgio Bocca, Vittorio Feltri e Massimo Fini. Quest’ultimi due scrivevano sull’Indipendente – direttore Feltri- il quotidiano che più degli altri si contraddistinse a favore di Mani Pulite e dell’antipolitica.
Insomma gettarono le basi del populismo giudiziario che, in verità, vive e vegeta, anche oggi, con arresti di massa. A ben vedere, non fu l’unico organo di stampa a combattere la politica e la Prima repubblica soprattutto, ma ebbe compagni d’avventura in tutti i mezzi di informazione scritti e parlati. Chi non ricorda i telegiornali di Berlusconi, per esempio, quello condotto su Rete 4 dal telecronista giudiziario, Paolo Brosio, che “alloggiava” sotto il palazzo di giustizia di Milano, per informare i telespettatori degli arresti eccellenti. Moroni nella missiva dice la sua su questo argomento: “Né mi pare giusto che una vicenda tanto importante e delicata si consumi quotidianamente sulla base di cronache giornalistiche e televisive a cui è consentito di distruggere l’immagine e dignità personale di uomini solo riportando dichiarazioni e affermazioni di altri. Mi rendo conto che esiste il diritto di informazione, ma esistono anche i diritti delle persone e delle loro famiglie.
A ciò si aggiunge la propensione allo sciacallaggio di soggetti politici che, ricercando un utile meschino, dimenticando di essere stati per molti versi di un sistema rispetto al quale, si ergono censori. Non credo che questo paese costruirà il futuro che si merita coltivando un clima da “progrom” nei confronti della classe politica, i cui limiti sono noti, ma pure ha fatto dell’Italia uno dei Paesi più liberi dove i cittadini hanno potuto non solo esprimere le proprie idee, ma operare per realizzare positivamente le proprie capacità e competenze”. E, comunque, la lettera è di grande attualità e, alla luce dei fatti profetica, per gli avvenimenti che si sono succeduti dal 1992 al 2022. Il passato che non passa. La morte di Moroni, – anzi le morti per mano giudiziaria -, è segnata dalla verità di Mani pulite; verità che non è rivoluzionaria, più delle volte è menzognera. Di fatto, come la guerra dei trent’anni di Mani pulite.
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