Con la morte di Antonio Martino e l’addio di Silvio Berlusconi, i miei riferimenti politici, il coefficiente di liberalismo italiano sembra sparito, evaporato nel nulla.

Anche al Governo, che pure era partito dalla (liberale) promessa avanzata da Giorgia Meloni, di “non disturbare chi vuole fare di più”. Evviva. Poi però sono arrivati il decreto retroattivo sugli extra-profitti (chi decide che un mio profitto sia extra? Il Governo…?), il tetto prima avanzato e poi rimangiato sui biglietti aerei, la dittatura – solo italiana cui il Governo non si ribella – di taxi (proseguono code chilometriche di italiani e turisti scandalizzati dalla loro assenza, e la mancanza di una liberalizzazione che tuteli chi il taxi lo prende, anziché solo chi lo guida) e balneari (un giovane che volesse diventare imprenditore balneare, al momento, deve attendere l’estinzione della dinastia dei titolari di concessione). Chi vi parla, si sa, è sostenitore di questo Governo, ma di liberale c’è poco.

Eppure, la pandemia, e la sua gestione autoritaria, ha accelerato molto una tendenza già disegnata dai cittadini occidentali. I quali, consumando, dieci anni fa decretavano che la prima azienda al mondo fosse Apple, produttore di smartphones; oggi decretano sia Amazon, che non produce beni, li consegna. Siamo noi a volere un mondo su misura nostra, individuale; siamo noi a chiedere più libertà individuale e corrispondente riduzione dell’invadenza pubblica, cui chiediamo maggiore efficienza, sull’asse sinallagmatico tasse-servizi. Sembra brutto dire che i cittadini ragionano ormai da consumatori. Ma è così, e non torneranno indietro.

Fu proprio sulle libertà da recuperare in pandemia che Giorgia Meloni fece (meritatamente secondo me) il salto elettorale. Sarebbe dunque conveniente, oltre che giusto, se nascesse una vera forza liberale di massa, per intercettare e ben indirizzare questa sete di libertà individuale, economica e civile, unica via per sostenere debito pubblico monstre, traiettoria anagrafico contributiva italiana, e riaccendere la mobilità sociale.

Una forza che sappia parlare alla massa con messaggi semplici e farle capire che una nazione ad alto coefficiente di libertà economica individuale, e molto più facile di quanto non sia oggi l’Italia dei mille lacci e divieti, produce per tutti maggiore opportunità di iniziativa, quindi di lavoro, dunque di benessere, e dunque di ordine sociale.

Una forza che dica: “Facciamo tutti i soldi, anziché una guerra tra poveri per redistribuire quanto (sempre meno) produciamo”. Pensavo fosse il Dna di questa maggioranza. Invece ieri, moderando un confronto tra Adolfo Urso, Ministro dello Sviluppo Economico, ed Emma Marcegaglia, industriale, alla domanda: “Cosa farà il Governo per eliminare le 70 autorizzazioni burocratiche che impediscono di aprire un’attività a chi non possa permettersi un anno e mezzo di attesa e soldi?”, il Ministro ha risposto nulla, sul rischio che il decreto extraprofitti ci tratteggi inaffidabili per i mercati esteri che: “Giorgetti lo migliorerà‘”, e sulla liberalizzazione del taxi che: “Abbiamo concesso ai Comuni di aumentare del 20% le licenze”. Dal liberalismo allo scaricabarile.