Il Servizio Civile ha appena compiuto cinquanta anni. È giusto allora chiedersi quali sono le nuove sfide da affrontare, quali i tratti di continuità da mantenere e dove invece sperimentare cambiamento e innovazione. Sono migliaia ormai i ragazzi che hanno deciso di dedicare alcuni mesi della propria vita al servizio della comunità. Troviamo questi volontari all’interno di associazioni, nelle biblioteche, nelle emergenze, e all’estero in progetti di cooperazione internazionale.

Marta Romano lo ha sperimentato nel 2022 con Aism. Come lei stessa racconta, il servizio civile è una esperienza in grado di rispondere al desiderio di futuro dei giovani, e di sentirsi parte di una comunità con un approccio sostenibile. Deve diventare sempre di più un contesto generativo di valori, idee, azioni concrete, volte a portare un cambiamento per sé e per gli altri. Un’esperienza che porta a uscire dalla propria comfort zone per misurarsi con la complessità, dando il meglio di sé per trovare soluzioni creative ai problemi. Si acquisiscono competenze, che sono il trait d’union tra la dimensione propria del servizio civile universale di difesa della patria intesa come affermazione dei diritti sociali e convivenza pacifica tra i popoli, e quella formativa, spendibile anche nelle scelte professionali.

Paolo Castelli ha svolto volontariato all’estero a Sarajevo con Caritas Italiana in un centro giovanile che promuove attività di riconciliazione tra giovani di culture e confessioni differenti, e in un social corner per migranti in fuga dalle guerre. In tali contesti post bellici, il volontario diventa una presenza esterna, un mediatore che testimonia che la diversità non è necessariamente un elemento di conflitto, ma può diventare una risorsa.

Le molteplici esperienze ci raccontano alcuni elementi caratterizzanti il servizio civile. Innanzitutto la dimensione formativa di educazione alla cittadinanza, che permette l’acquisizione di competenze trasversali spendibili in tutti i progetti di vita. Questo significa formare giovani capaci di contribuire allo sviluppo materiale e spirituale del Paese, con un senso di corresponsabilità e di adesione a valori condivisi, che sono poi quelli della nostra Costituzione. Valorizzare l’esperienza, e riconoscere le cosiddette soft skills rappresenta per i ragazzi un passo fondamentale. L’Scu è portatore di una modalità positiva di prevenzione dei conflitti, uno strumento di costruzione della pace che passa attraverso l’accesso ai diritti e l’esercizio dei doveri dell’inclusione, e del benessere per tutti. Questa dimensione di difesa della Patria non violenta va potenziata, per esempio facendo in modo che l’Scu intervenga in modo strutturale nelle emergenze e investendo nei Corpi Civili di Pace, di cui proprio ora è pubblicato il bando di selezione per la terza annualità. Sarebbe sensato utilizzare le risorse residue della sperimentazione per finanziare progetti pluriennali già approvati.

Il Servizio Civile Universale ha una identità chiara rivolta ai giovani, e dinamica nella sua capacità di dialogare con un contesto che muta. Per questo, appaiono come forzature i tentativi di accostarlo alle politiche del lavoro, come accaduto recentemente con la collocazione tra le misure per favorire l’inserimento lavorativo di soggetti tra i 18 e i 59 anni in povertà assoluta. Questo porterà non poche complicazioni nell’applicazione – si pensi alla deroga sull’età – solo in parte attenuata dalla volontarietà di adesione a questa nuova disposizione. Servono, invece, altri passi per rendere l’Scu realmente universale. Bisogna superare il regime di precarietà e di incertezza finanziaria stanziando risorse stabili e adeguate per mantenere l’universalità dell’istituto per dimensioni, capillarità dell’offerta, e uniformità di proposta sul territorio nazionale e per caratteristiche dei vari bandi.

Per questo ci sembra importante l’impegno del Ministro Abodi di chiedere all’Europa di estendere i finanziamenti del Pnrr almeno al 2024, visti i fondi esigui dell’ultima legge di bilancio (150 milioni). Anche se da più parti si è parlato di calo di interesse dei giovani, i dati del Dipartimento relativi ai bandi 2015-2022 ci aiutano a relativizzare il fenomeno, mettendo in evidenza che se i posti sono cresciuti in questi anni, le domande continuano a mantenersi su una media di 105mila in una situazione di caduta demografica.

Una riflessione sulla partecipazione è sicuramente necessaria, ma crediamo che i giovani sentano ancora il desiderio di sentirsi parte attiva del cambiamento. Serve un’azione educativa per far crescere una cultura della solidarietà e dell’impegno civico. Per cui confidiamo che l’interlocuzione che il Ministro Abodi ha avviato con i Ministeri dell’Istruzione e dell’Università si traduca in azioni concrete nell’ottica non solo di informare sul servizio civile, ma di favorire alleanze tra il terzo settore e il mondo della scuola nell’ambito dell’educazione alla cittadinanza per incanalare maggiormente le energie dei giovani in impegno concreto per le comunità.

Laura Milani

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