Non è la prima volta che un sentore di contaminazione israelita istiga gli organizzatori a far saltare un convegno. Un caso abbastanza strepitoso, ma non abbastanza condannato, riguardò un convegno sul pogrom del 7 ottobre che avrebbe dovuto tenersi all’Università Statale di Milano il mese scorso. In quel caso, il rettore propalò la bugia secondo cui la Digos avrebbe segnalato l’esistenza di allarmanti pericoli di sicurezza, e sulla scorta di quella falsa informativa fece pressione affinché il convegno si tenesse online, come in tempo di Covid. Sbugiardato dalla medesima Digos, la quale emise un comunicato con cui negava di aver mai dato fuori simili segnalazioni, il magnifico rettore non provò neppure a rendere conto della bufala che aveva adoperato per boicottare il convegno. Né, e questo è molto più grave, qualcuno gli chiese di renderne conto.

Ma il caso di cui si è avuta notizia in questi giorni, se possibile, è anche più grave. Qui si discute di una conferenza internazionale, patrocinata dall’Associazione italiana di psicologia analitica (Aipa) e dall’Associazione per la ricerca in psicologia analitica (Arpa). Riferita al pogrom del Sabato Nero, e intitolata “Trauma personale e collettivo, condivisione di punti di vista ed esperienze professionali”, quella conferenza, programmata per aver corso a Roma tra qualche giorno, è appunto saltata. Gli organizzatori hanno spiegato che si sarebbe discusso “dei traumi del 7 ottobre e delle terapie per aiutare adulti e bambini a superarli”.

Se fosse stata la presenza di professionisti israeliani a motivare l’annullamento dell’iniziativa, allora si sarebbe trattato “soltanto” del sacrosanto diritto di aver conferenze opportunamente Judenfrei. Ma la verità è molto peggiore rispetto a quel motivo dichiarato. L’impedimento, la ripulsa, l’istanza di censura, insomma l’opera di salutare dissipazione di quel sentore israelita non riguarda neppure la personale contaminazione arrecata dalla presenza “sionista”: riguarda l’argomento. Riguarda l’evocazione, provocatoria e dunque vietata, degli eccidi del 7 ottobre.

Riguarda la menzione, oltraggiosa e dunque da cancellare, della sofferenza portata dal pogrom. Riguarda la “specificità” degli esseri umani, degli uomini, delle donne, dei bambini, che hanno subito quella violenza: una specificità che, se proprio non giustifica quella violenza, almeno la spiega. Riguarda una realtà esemplare e riassuntiva, quel divieto. Riguarda gli ebrei. Riguarda – e qualcuno abbia misericordia di chi non lo capisce – “la questione ebraica”.