Nel 2023, il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol, attualmente sotto impeachment per aver dichiarato la legge marziale e aver accusato l’opposizione di attività anti-statali e simpatia per il regime nordcoreano, aveva aperto alla possibilità di acquisire armi nucleari tattiche. All’inizio del 2024, un sondaggio di Gallup Korea rivelava che il 73% dei cittadini era favorevole allo sviluppo di un arsenale nucleare, spinto dalle crescenti minacce della Corea del Nord e dai mutamenti internazionali, riaccendendo un dibattito sopito da decenni ma con profonde radici storiche, legate alla guerra fredda e agli equilibri politici nella regione. Le origini di questo dibattito vanno rintracciate a partire almeno da quell’armistizio del 1953, che pose fine alla Guerra di Corea e che diede origine a due stati contrapposti: una Corea del Nord comunista, sostenuta da Cina e Urss, e una Corea del Sud appoggiata dagli Stati Uniti. In questo contesto, la penisola divenne presto uno dei teatri strategici più sensibili della guerra fredda.

L’intervento degli Stati Uniti

Nel 1958 gli Stati Uniti schierarono le loro testate atomiche sul territorio sudcoreano, rendendo concreta la costruzione di un ombrello nucleare protettivo, in funzione difensiva ma anche deterrente nei confronti dei regimi comunisti circostanti, Urss e Rpc in primis. Con l’evolversi della guerra fredda negli anni Settanta, il presidente sudcoreano Park Chung-hee, alla luce del disimpegno americano nella regione e dell’intensificazione della retorica aggressiva e delle provocazioni del regime nordcoreano, avviò un programma segreto per lo sviluppo di armi nucleari. Furono necessarie non poche pressioni da Washington per fermare l’iniziativa e convincere Seul ad aderire al Trattato di Non Proliferazione Nucleare (TNP) nel 1975, ponendo fine ufficialmente agli sforzi nucleari sudcoreani. Tuttavia, ciò non bastò a placare il desiderio di autonomia strategica del paese.

Il disimpegno americano

Le tensioni con la Corea del Nord, che dagli anni Novanta cominciò a sviluppare un proprio programma nucleare – culminato con il primo test atomico nel 2006 e alimentato dai test con missili balistici intercontinentali nel 2023 – hanno spinto alcuni settori della politica e della società sudcoreana a riesaminare profondamente la politica di non proliferazione. Il panorama politico asiatico e globale è inoltre notevolmente mutato: la Cina è emersa come potenza regionale dominante, alimentando timori sulla possibilità di un futuro, ulteriore, disimpegno americano, che possa lasciare la Corea del Sud a fronteggiare da solo la crescente pressione del Nord e l’assertività cinese.

Il dibattito

Il dibattito odierno si sviluppa attorno a due posizioni contrapposte. Da un lato, chi sostiene che un arsenale nucleare garantirebbe autonomia strategica e una deterrenza credibile contro Pyongyang. Dall’altro, i critici che avvertono che questa mossa potrebbe alimentare una corsa agli armamenti nella regione, isolare Seul a livello internazionale e incrinare l’alleanza con gli Stati Uniti. In un contesto globale segnato da una nuova corsa al riarmo, il dilemma sudcoreano non è solo una questione regionale. Il modo in cui Seul affronterà questa sfida potrebbe ridefinire gli equilibri strategici dell’Asia-Pacifico, con implicazioni per l’intero ordine internazionale.