Il voto in Aula
Sfiducia a Bonafede, respinte le due mozioni in Senato: Renzi ‘salva’ la tenuta del Governo
Il Senato ha respinto la due mozioni di sfiducia nei confronti del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Per la prima, presentata dal centrodestra, sono stati 131 i sì, i no 160 e un astenuto. La seconda, presentata da +Europa col sostegno di Azione e Forza Italia, ha ricevuto 158 no, 124 sì, 19 astenuti.
Quest’ultima era apparsa la più insidiosa per l’esecutivo giallo-rosso, col rischio fino a questa mattina che i 17 senatori renziani potessero votare a favore. Opzione che, secondo Pd e 5 Stelle, avrebbe portato a una crisi di governo. “Chi sfiducia Bonafede sfiducia il governo”, aveva spiegato il reggente pentestellato Vito Crimi, mentre il capogruppo alla Camera del Pd, l’ex renziano Graziano Delrio, annunciava una “crisi dell’esecutivo” in caso di voto contrario di Iv.
“Ringrazio la maggioranza per la rinnovata fiducia. Ora torno a lavoro. Quando ti attaccano la sola cosa che ti protegge è il lavoro che hai portato avanti”. E’ il commento a caldo del Guardasigilli, davanti ai cronisti all’uscita dal Senato. “Ho sottoposto i fatti con chiarezza, la priorità è garantire che i cittadini italiani e le imprese abbiano una ragionevole durata del processo – sottolinea Bonafede -. Ci sono tutte le basi per portare avanti un progetto ambizioso, lo faremo tutti insieme”.
Le opposizioni stigmatizzano di contro proprio il comportamento di Italia Viva: “Matteo Renzi dimostra ancora una volta di chiacchierare tanto e agire poco. – scrive su Facebook Giorgio Mulé, capogruppo di Forza Italia al Senato – Altro che merito delle questioni, altro che valori e ideali: Italia Viva ha ammainato e tradito la bandiera del garantismo per sventolare quella del giustizialismo dei 5stelle incarnata dal ministro Alfonso Bonafede”. La Meloni invece parla di ennesimo patto Italia Viva – M5S
ITALIA VIVA VOTA CONTRO LA SFIDUCIA – Matteo Renzi intervenendo in Aula ha sciolto la riserva sul voto di Italia Viva sulle mozioni di sfiducia contro Bonafede, in particolare quella presentata da Emma Bonino. “Votiamo contro le mozioni di sfiducia a Bonafede“, ha detto l’ex premier. “Se votassimo come lei ha votato nei confronti dei membri dei nostri governi, lei oggi dovrebbe andare a casa. Ma noi non siamo come voi. Mi auguro che questa vicenda la possa far riflettere dal punto di vista personale e possa far riflettere i colleghi del Movimento 5 Stelle”, ha aggiunto.
Renzi ha comunque riconosciuto “al centrodestra e alla senatrice Bonino di aver posto temi veri, le vostre mozioni non erano strumentali. Non le voteremo per motivi politici, in primis per ciò che ha detto il presidente del Consiglio. Il premier ha detto con chiarezza che se ci fosse stato un voto di una parte della maggioranza contrario all’operato del ministro o favorevole alle mozioni di sfiducia, ne avrebbe tratto le conseguenze politiche. Quando parla il presidente del Consiglio, si rispetta istituzionalmente e si ascolta politicamente”.
L’INTERVENTO DI BONAFEDE – Dal canto suo il Guardasigilli ha rivendicato nel corso del suo intervento come “in questi due anni, da ministro della Giustizia, ho portato avanti leggi che hanno riscosso apprezzamenti e critiche”. Per il ministro grillino “la lotta al malaffare ha sempre animato e animerà la mia attività politica”.
Tornando alle polemiche delle ultime settimane, dalle scarcerazioni al caso Di Matteo, Bonafede ha sottolineato che “si è sviluppato un dibattito gravemente viziato da allusioni e illazioni; per rispetto delle istituzioni, piuttosto che alimentare le polemiche ho condiviso, fin dall’inizio, l’esigenza del Parlamento di un confronto che si è già sviluppato, al Senato, con quattro interrogazioni a risposta immediata, e alla Camera, con due interrogazioni a risposta immediata, un’audizione in commissione giustizia e un’informativa urgente in aula”.
Bonafede ha quindi ribadito che “tutti i fatti sono chiari e lo sono sempre stati. Ci furono condizionamenti? Ancora una volta: No!”, ha detto riferendosi alla nomina alla guida del Dap nel 2018. “Chi lo sostiene se ne faccia una ragione. Non sono più disposto a tollerare alcuna allusione o ridicola illazione”.
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