Scontro con l'Anp
Shireen Abu Akleh, Israele non aprirà un’indagine per la morte della giornalista palestinese di Al Jazeera

Nessuna indagine in Israele per la morte di Shireen Abu Akleh, la nota giornalista palestinese-americana di Al Jazeera che l’11 maggio era stata uccisa mentre stava seguendo per lavoro un’operazione dell’esercito israeliano nel campo profughi di Jenin, nella Cisgiordania settentrionale.
A comunicarlo oggi è stato l’esercito israeliano, che ha reso noto come la polizia militare, ovvero l’organismo interno che si occupa di presunti reati compiuti dal personale dell’esercito, non indagherà sulla morte della reporter 51enne.
Secondo l’esercito infatti non vi sono allo stato degli indizi che possano portare ad ipotesi di reato contro i militari israeliani presenti l’11 maggio nel campo profughi di Jenin, dove Shireen Abu Akleh è stata uccisa e il collega Ali Samodi, che lavora per il giornale Al-Quds è stato ferito alla schiena.
In un comunicato affidato al Jerusalem Post, l’esercito ha sottolineato come la morte della reporter di Al Jazeera non richiede l’apertura di una inchiesta in quanto non vi è il sospetto che sia stato compiuto un reato.
Al momento la ricostruzione di quanto accaduto nel campo profughi di Jenin è incerta, con uno scambio di accuse tra Israele e l’Anp, l’Autorità Nazionale Palestinese, l’organismo politico di governo della Palestina. Il 13 maggio scorso l’esercito aveva pubblicato un rapporto provvisorio in cui si sottolineava che “non è possibile stabilire l’origine dei fuoco che ha colpito” Shireen Abu Akleh.
Footage shows the moments of Al Jazeera’s senior reporter Shireen Abu Aqla’s death.
In appearance, Israeli footage that says there was a Palestinian cross fire doesn’t fit with this location.
She is also wearing a helmet and body armour. pic.twitter.com/fYCMQqxlxf
— Ragıp Soylu (@ragipsoylu) May 11, 2022
Il rapporto menzionava due scenari: il primo è che fosse stata raggiunta da un “fuoco massiccio, di centinaia di proiettili” indirizzato “in maniera non controllata” da miliziani palestinesi verso veicoli militari israeliani; il secondo che sia stata colpita da proiettili sparati da un militare israeliano, dalla fessura all’interno di una jeep, dopo aver mirato a un “terrorista” palestinese. “Per scegliere una delle due possibilità – afferma l’esercito – occorre compiere una perizia balistica professionistica sul proiettile estratto dal corpo della giornalista”.
L’Anp ha accusato i soldati israeliani di aver ucciso la giornalista, ma ha impedito di effettuare l’autopsia sul corpo della reporter e non ha voluto consegnare alle autorità israeliane il proiettile estratto dalla testa della giornalista, impedendo quindi di fare una perizia per appurare da chi fosse stato sparato.
“Abbiamo respinto l’indagine congiunta con le autorità israeliane perché sono loro ad aver commesso il crimine e perché non ci fidiamo di loro”, è stata l’accusa di Mahmoud Abbas, presidente dell’Anp, che invece ha intenzione di sottoporre la questione alla Corte penale internazionale “per perseguire i criminali” israeliani.
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