Si al Referendum contro armi in Ucraina: unico strumento che farà emergere volontà popolare

Foto Roberto Monaldo / LaPresse 13-05-2023 Roma Politica Palazzo Chigi - Il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni incontra il Presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky Nella foto Volodymyr Zelensky 13-05-2023 Rome (Italy) Politics Chigi palace - Prime Minister Giorgia Meloni meets the President of Ukraine Volodymyr Zelensky In the pic Volodymyr Zelensky

L’art. 11 della Costituzione italiana recita: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni…”. Nonostante queste nette ed esplicite previsioni da più di un anno il nostro Paese si trova coinvolto in una posizione di cobelligerante in prima linea nella guerra in Ucraina. Basterebbe solo questa constatazione per far comprendere che un radicale intervento correttivo è assolutamente necessario.

A questo si aggiunge che l’Alleanza atlantica a cui partecipiamo e per la quale abbiamo fatto le nostre cessioni di sovranità, prevede solo ed esclusivamente la difesa reciproca quando un paese dell’alleanza viene attaccato. Ma l’Ucraina non fa parte della Nato e quindi non abbiamo nessun dovere di intervenire. Infine tutti i sondaggi ci dicono che la maggioranza degli italiani è contraria all’invio di armi in questo conflitto, eppure quasi tutta la politica ufficiale in Parlamento ha votato in senso contrario. Credo che ce ne sia abbastanza per giustificare l’utilizzo del referendum come unico strumento che può far emergere la volontà popolare al di sopra degli interessi dei partiti.

Per questo il Comitato “Fermare la guerra”, che io rappresento come portavoce, ha deciso di contribuire alla raccolta di firme referendaria promossa dal Comitato “Ripudia la guerra” di Enzo Pennetta e dal Comitato “Generazioni future” di Ugo Mattei su due quesiti che cancellano gli articoli di legge in base ai quali il Governo Draghi e quello Meloni stanno inviando armi in Ucraina. Non vengono messi in discussione dei trattati internazionali (per i quali la Costituzione esclude l’utilizzo dei referendum abrogativi) ma degli articoli di legge ordinaria che, come abbiamo visto, non discendono da alcun trattato con altre nazioni.

Questo significa abbandonare il popolo ucraino al suo destino? No, significa tentare di aiutarlo con iniziative di pace e non con strumenti di guerra, in un conflitto che nessuno può perdere e nessuno può vincere. Basti pensare che in tutti questi mesi di conflitto nessun tentativo da parte dell’Europa, e in particolare dell’Italia, è stato fatto per avanzare una proposta di cessate il fuoco e di trattativa. Non abbiamo neanche provato a dire a Putin: “Noi sospendiamo l’invio di armi se tu accetti un cessate il fuoco”. Abbiamo delegato ogni trattativa al Presidente Zelensky e ogni ruolo di mediatore alla Cina, mentre è sempre più evidente che tutta questa vicenda è gestita direttamente dagli Stati Uniti di Joe Biden.

Eppure il prezzo che pagano gli Stati europei è evidente in termini economici, con delle sanzioni che fanno più male a noi che alla Russia. Per non parlare dell’impressionante numero di morti e distruzioni che sta subendo la nazione Ucraina su cui si scaricano tutte le tragedie di questo braccio di ferro tra l’Occidente e la Russia. Sabato scorso abbiamo assistito a Roma ad un imbarazzante scenografia messa in piedi ieri dalle istituzioni italiane.

Attorno al momento principale dell’incontro tra Zelensky e il Santo Padre, voluto dal Presidente ucraino per chiudere la porta in faccia a qualsiasi mediazione del Pontefice, tutti gli altri incontri sono serviti a marcare l’isolamento di Bergoglio nei suoi sforzi per costruire la Pace. L’apoteosi è stata la sacrilega scenografia dell’Altare della Patria scelta dal Servizio pubblico per l’intervista di Zelensky a Porta a Porta: il simbolo della nostra sovranità nazionale scelto come fondale del nostro asservimento ai diktat atlantici.

Zelensky è tornato nella martoriata Ucraina dopo aver marcato l’isolamento di Papa Bergoglio, l’unico Capo di Stato occidentale che ha manifestato dubbi sulla continuazione a oltranza della guerra. L’esercito ucraino, riempito di armi dalla Nato, tenterà la controffensiva contro lo sgangherato corpo di spedizione russo, con due possibili prospettive. Quella di perdere e quindi di esporre ancora di più il popolo ucraino all’invasione. O quella di vincere e di spingere il “pazzo criminale” Putin verso l’escalation militare, utilizzando i reparti migliori dell’esercito russo (fino ad ora tenuti lontani dal conflitto) o, peggio ancora, l’arma nucleare tattica.

E le nostre istituzioni, invece di stringersi attorno al Santo Padre nel reclamare una Pace conforme alla nostra Costituzione e al nostro interesse nazionale, alla faccia della maggioranza degli Italiani contrari all’invio di armi in Ucraina, stanno contribuendo ad alimentare questi pericoli.