La norma sulla presunzione di non colpevolezza
Si alla gogna, l’appello del capo dei giornalisti al Csm: insieme per continuare a violare la Costituzione
Giornalisti che chiedono aiuto alle toghe per poter continuare a violare insieme, in combutta, la Costituzione. Che cosa può essere, se non una proposta di continuare nella complicità del mercato delle notizie e delle intercettazioni, la lettera inviata dall’Ordine dei giornalisti al vertice del Csm e al capo nazionale degli inquirenti? Un “pizzino”, lo definirebbe sicuramente Marco Travaglio, se non facesse parte anche lui della combriccola.
Sarà mica un caso, se il neo-eletto Presidente dell’Ordine, Carlo Bartoli, ha regalato proprio al suo quotidiano la prima intervista. Contro la presunzione d’innocenza e a favore delle gogne mediatiche. Era solo l’antipasto, un atto dovuto, quasi a porre rimedio alla tirata d’orecchi che la categoria, sindacato compreso, aveva subìto da parte del Fatto per aver disertato le audizioni alla Commissione giustizia della Camera. Quelle in cui si erano invece esibiti i big delle Procure presenti e passate, tutti allineati con il travaglio-pensiero. Tutti contro la Costituzione e il suo articolo 27. Tutti contro L’Europa e il suo sistema dei diritti. Tutti contro la ministra Cartabia e la sua legge sulla presunzione d’innocenza.
Dopo l’antipasto-intervista del Presidente alla testata “giusta”, un vero autodafé su quell’assenza, ecco il timbro dell’ufficialità con un comunicato dell’Ordine dei giornalisti. Alla faccia della libertà di stampa, si chiede aiuto alla magistratura per poter continuare ancora insieme, stretti stretti, cronisti e pm, a violare le regole, a calpestare la Costituzione. Al Presidente del Csm David Ermini e al Procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi, la categoria chiede aiuto perché, in seguito all’applicazione della nuova legge sulla presunzione di innocenza, non “cali il silenzio su inchieste, magari proprio quelle su personaggi importanti”. È abbastanza chiaro che cosa preoccupa la Casta dei cronisti giudiziari (da tempo veri grumi di comando nelle redazioni), che insieme a quella dei Pm costituisce un vero “combinato disposto” di complicità nell’uso di gogne mediatiche a fine politico. Quel che preoccupa è la perdita di potere. Quello conquistato sulle pelle degli unici soggetti deboli, gli indagati, gli arrestati, gli imputati. Gli assolti e i condannati, gli innocenti e i colpevoli. La forza di poter distruggere le reputazioni, spesso le vite, degli odiati “poteri forti”. I politici, gli imprenditori, i manager delle grandi aziende. Da Craxi a Berlusconi e Renzi, fino a Descalzi e Scaroni.
Della storia dei rapporti tra pubblici ministeri e cronisti giudiziari ha di recente fatto una sintesi molto veritiera Carlo Nordio, un magistrato che ha tra l’altro il merito di aver sempre rifiutato candidature al Parlamento e che ha svolto l’intera carriera, fino al vertice, come pubblico ministero a Venezia. Ha raccontato come fino al 1992 esistesse “Un rigorismo formale mitigato dalla convenienza pragmatica”. Era proprio così, lo potrebbe confermare chiunque abbia frequentato i Palazzi di giustizia in quegli anni. Il pm raccontava il succo dell’inchiesta ai cronisti giudiziari, in regime di par condicio di ogni testata, i giornalisti facevano domande, il magistrato rispondeva quel che poteva, nel rispetto del segreto istruttorio.
Tutto è cambiato con Tangentopoli e con Mani Pulite. Lo sappiamo bene, ma è importante che ce lo dica un ex Procuratore. Uno che c’era, che aveva sempre rispettato il gentlemen’s agreement. Ma poi alcuni pm hanno cominciato a scegliersi i cronisti, “quelli più disponibili, più utili, più acquiescenti”. In cambio “il patto scellerato prevedeva che la figura di queste toghe venisse esaltata e beatificata…magari aprendo la strada a una buona candidatura politica”. Così è andata. Ma la degenerazione più grave ha riguardato “la selezione delle notizie”. “Perché le redazioni ricevevano quel tanto che il sapiente divulgatore voleva che ricevessero, pilotando così il lettore verso un’interpretazione ingannevole”. C’è bisogno di fare esempi? Li conosciamo uno per uno. E’ dunque questo Sistema, quello che l’Ordine dei giornalisti (che dovrebbe rappresentare anche noi) vuole mantenere, con la garanzia dei vertici della magistratura?
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