Sottratti 60 Gb di dati degli artisti
Siae sotto attacco hacker, chiesto riscatto in Bitcoin: dati in vendita sul dark web
Non c’è pace per la società che gestisce i diritti degli artisti dallo spettacolo alla cultura, dai discografici a quelli televisivi e editoriali. Dopo essere stata vittima di phishing solo qualche settimana fa, la Siae è stata colpita da un ransomware, un attacco hacker da parte del gruppo Everest.
Sottratti 60 GB di dati di artisti, tra cui dati sensibili come carte di identità e indirizzi, che sono stati già messi in vendita sul dark web. Come ha confermato la società, è stato anche chiesto un riscatto in bitcoin, a cui però non verrà dato seguito perché mancano garanzie concrete che la diffusione dei dati venga bloccata.
La società ha subito contattato la Polizia Postale che sta indagando sul caso, attraverso il compartimento di Roma del Cnaipic (Centro nazionale anticrimine informatico per la protezione delle infrastrutture critiche), e il Garante della Privacy e ha provveduto anche a contattare i diretti interessati per informarli dell’accaduto. Si tratterebbe dell’intero database di Siae, con documenti di pagamento, patenti di guida, passaporti e contratti degli artisti.
“La Siae non darà seguito alla richiesta di riscatto”, ha spiegato all’Ansa il direttore generale Gaetano Blandini, che ha poi sottolineato: “Abbiamo già provveduto a fare la denuncia alla polizia postale e al garante della privacy come da prassi. Verranno poi puntualmente informati tutti gli autori che sono stati soggetti di attacco. Monitoreremo costantemente l’andamento della situazione cercando di mettere in sicurezza i dati degli iscritti della Siae”.
Il database della società è stato attaccato da un ransomware, ovvero un virus che dopo aver sottratto i dati di un sito li rende inaccessibili. Il passo successivo è stato, come avviene in questi casi, chiedere un riscatto per tornare in possesso dei dati ed evitare che vengano diffusi. Questo virus riesce ad entrare nei pc tramite le posta elettronica. L’ultimo attacco di questa tipologia avvenuto in Italia è stato contro la regione Lazio, quando a luglio, per diverso tempo, le prenotazioni dei vaccini contro il Covid erano rimaste bloccate.
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