Una parte del paese fa fatica ad accettare che si parli di identità nazionale. È un tema percepito come di destra e divisivo, quando invece rappresenta ciò che tiene unita la nazione. Definire chi siamo noi italiani è un’operazione complessa: l’identità collettiva, studiata da antropologi e sociologi, si basa su un patrimonio di modelli culturali comuni, ma non si può certo considerare stabile nel tempo e ben definita, bensì soggetta a continui mutamenti e contaminazioni.

Al di là della definizione, credo che ogni cittadino in ogni paese si senta unito all’altro anche per la storia del paese stesso: la nostra identità è fatta dalle storie delle persone che hanno fatto la storia.

Lo spunto per affermare questo nasce dalla scuola di formazione Meritare l’Europa svoltasi a Palermo, quando abbiamo parlato di legalità e mafia. Abbiamo riflettuto e messo in moto idee e pensieri. La storia della mafia è quella di un attacco al cuore dello Stato. Ma è ancora più potente e struggente la storia di chi ha combattuto e di chi combatte tutt’oggi contro la mafia.

Alla scuola abbiamo ricordato coloro i quali sono morti per un’idea, per la nazione, uccisi a pochi passi da dove eravamo, per mano mafiosa. Pensiamo a Falcone, a Borsellino, alle loro scorte, a Piersanti Mattarella, al Generale Dalla Chiesa, a Peppino Impastato e ai molti altri. Sono tutti parte di noi, della nostra identità come cittadini di questa nazione. Noi siamo figli di queste storie, di questi uomini e donne.

Oltre al tema della lotta alla mafia, abbiamo poi fatto una riflessione altrettanto profonda ed emozionante sull’immigrazione, pensando a quel ragazzo giovanissimo che è morto annegato arrivando in Italia e il cui corpo è stato ritrovato con la pagella cucita nella sua giacca. Anche recuperare i corpi annegati fa parte della nostra identità, con anni di civiltà alle spalle, fin dai tempi dei greci, che consideravano di primaria e sacrale importanza dare sepoltura ai morti.

Ce lo insegna Antigone, ma anche Priamo che va a reclamare da Achille il corpo di Ettore. Al di là del mito, pensando a queste cose un brivido corre ancora ora tra le braccia e la schiena. Sono queste storie che rafforzano il senso di comunità e danno senso a quell’insieme. Perché parlano di noi, di chi siamo, cosa siamo stati e di dove andiamo: sono noi stessi.

Martino Bertocci - studente di Meritare l'Europa

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