La Sicilia ha sete, manca l’acqua, piove sempre meno dal 1920. E in questo quadro che non ha nulla di emergenziale, ma di strutturale, la rete dell’acqua – in condizione di monopolio di sovrambito, gestita da Siciliacque – perde una parte importante delle risorse idriche. Una volta era la mafia dei campieri a controllare le risorse idriche, fondamentali allora, come ora, per l’agricoltura siciliana, comparto fondamentale di un’Isola che è unica nel nostro Vecchio Continente per biodiversità. Ma che adesso è a rischio desertificazione non solo per i cambiamenti climatici, ma per ignavia, avidità ed ignoranza. Se in alcune parti dell’Isola l’acqua per irrigare costa quasi quanto l’acqua minerale qualcosa di storto, molto storto, ovviamente succede.

Il problema di Siciliacque

Siciliacque è una società privata fondata attraverso la Regione siciliana, che oggi detiene una quota minoritaria pari al 25%, la maggioranza prima è stata detenuta da un gruppo francese, che non ha certo brillato per investimenti e manutenzione straordinaria di una rete che perde quanto uno scolapasta le fondamentali risorse idriche dell’isola. Oggi la maggioranza di Siciliacque è di Italgas, società quotata, la cui quota di maggioranza relativa è della Cassa Depositi, ma in cui ci sono quote di Blackrock e altri fondi speculativi. Quando ci sono queste presenze finanziarie la regola è il dividendo per premiare gli azionisti, anche se l’acqua è un bene comune – oltre che risorsa strategica – e il dividendo si ottiene con tariffe alte e pochissimi investimenti.

Il rischio per l’agricoltura

Il rischio vero è che l’agricoltura siciliana si arrenda o venga colpita a morte, causando non solo lo spopolamento delle campagne (già in atto per l’emigrazione dei giovani siciliani) ma la conseguente desertificazione dei territori ormai abbandonati. La sostituzione è prevedibile, con distese a perdita d’occhio di pannelli fotovoltaici montati da multinazionali che affitteranno a poco prezzo terreni ormai inutili, trasformando la Sicilia in un enorme hub di energia alternativa, ma di tecnologia già matura.

La profezia

Una produzione che si ottiene con investimenti più in materiali (prevalentemente cinesi) che in risorse umane, cosa che accelererà la migrazione in una Sicilia che abbandona la produzione anticipando, in senso negativo, la profezia del premio Nobel Rifkin sulla fine del lavoro. Senza lavoro di cosa camperanno i milioni di siciliani ancora residenti? Di reddito di cittadinanza regionale, come proposto non dai 5 Stelle ma da una deputata regionale di Forza Italia? E con quali risorse si finanzierà questo nuovo, devastante, assistenzialismo da schiavitù della sopravvivenza?
Ecco perché la guerra dell’acqua in Sicilia rischia di fare più danni e migrazioni di quella di Gaza. Il deserto avanza, e nel deserto ci abitano in pochi, molto pochi. Motivo per cui l’acqua è strategica. Ricordatevi Quantum of solace, un film della saga 007 con Daniel Craig in cui una Spectre voleva controllare tutte le risorse idriche di un paese sudamericano corrotto. A volte la realtà supera la fantasia.

Giovanni Pizzo

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