Il giudizio equilibratore e assolutorio dell’aggressione scatenata dalla Russia contro l’Ucraina nel febbraio del ‘22 voleva che la guerra, in realtà, fosse cominciata prima, nel 2014, anzi nel 2008, e ovviamente per colpa di chi, l’Ucraina, stava semplicemente subendo l’inevitabile “operazione speciale militare” rivolta ad arrestare il “genocidio” che i nazisti di Kiev andavano perpetrando nel Donbass. Un analogo riflesso di pregiudizio mistificatorio non si produce – guarda la combinazione – con riguardo alle ostilità sul fronte Israele-palestinese. Che non cominciano con i propositi di intervento difensivo che Israele annuncia da qualche settimana, né con alcune azioni di bombardamento di postazioni militari in Libano nei giorni scorsi: cominciano nove mesi fa, con il lancio non sui militari, ma sui civili israeliani, di migliaia di razzi e missili che hanno fatto decine di migliaia di profughi e hanno reso semplicemente inabitabile una buona parte del nord del paese.

L’argomento (falso) circa la funzione pressoché difensiva, o tutt’al più semplicemente reattiva, della campagna sterminatrice cominciata dai russi, curiosamente non è adoperato nel caso (vero) degli attacchi provenienti dagli eserciti del terrorismo filo-iraniano, attacchi doverosamente inosservati quando Israele, per nove mesi, li subisce, e doverosamente esclusi dal novero delle cause quando Israele si incapriccia, per fare un po’ di genocidio anche a settentrione, di contrastarli. È la solita rappresentazione storta ed è il solito approccio colpevolmente obliquo. Sarebbe più titolato ad affettare timori per l’escalation e, soprattutto, a segnalarne e denunciarne le responsabilità, chi avesse deciso di non fischiettare davanti allo stillicidio di attacchi che ha incenerito la Galilea ed è culminato in una strage di bambini drusi le cui famiglie – peccato imperdonabile – non avevano il merito di offrirli a dio per la vittoria sull’entità sionista.

Esattamente come nel caso dell’attacco iraniano con trecentocinquanta razzi, missili e droni sulle città israeliane. Un atto di guerra che avrebbe considerato gravissimo chiunque l’avesse subìto, e che chiunque avrebbe giudicato gravissimo se fosse avvenuto altrove, ma svilito al rango di una sciocchezzuola velleitaria perché il sistema di difesa israeliano era capace di neutralizzare quella pioggia di ordigni. E poi per il motivo eterno: e cioè che, se proprio non è meritato, è comunque “normale” che gli israeliani siano attaccati. Come lassù, verso il Libano: da dove – dal fiume al mare – hanno cominciato a sloggiare.