Scioperano per ottenere per i lavoratori condizioni migliori rispetto a quanto previsto dal contratto nazionale di lavoro e finiscono agli arresti domiciliari per violenza privata, resistenza a pubblico ufficiale, sabotaggio e interruzione di pubblico servizio. È la “sorte” che tocca al coordinatore nazionale del SI Cobas Aldo Milani e tre dirigenti del sindacato a Piacenza, Mohamed Arafat, Carlo Pallavicini e Bruno Scagnelli. Siamo nel settore della logistica dove si penalizza in ogni senso un ciclo di lotte tra il 2014 e il 2021 che ha visto protagonisti decine di migliaia di lavoratori che si sono ribellati al caporalato e a condizioni di brutale sfruttamento.

Il problema è prettamente politico, se si pensa che pochi giorni fa il governo ha modificato l’articolo 1677 del codice civile eliminando la responsabilità in solido delle committenze per i furti di salario operati dalle cooperative delle ditte fornitrici. Il problema è quello annoso delle aziende che vincono gli appalti e poi subappaltano. In questo modo diminuiscono ulteriormente i diritti e le garanzie di chi lavora. Senza che vi siano autorità di controllo in grado di ripristinare un minimo di normalità nei rapporti di lavoro. I lavoratori di Piacenza già usciti dai magazzini sono in agitazione. È partito uno sciopero generale e sabato ci sarà una manifestazione nazionale.
Le lotte contro lo sfruttamento vengono considerate estorsioni ai datori di lavoro. Il settore della logistica è quello che si è dimostrato più in fermento negli ultimi anni. Esiste una finalità politica all’escalation repressiva per impedire che i settori più combattivi della classe operaia possano conquistare consenso attorno a una più ampia maggioranza della popolazione. Il tutto mentre con la guerra in corso aumentano il costo della vita, inflazione e povertà.

Gli operai della logistica sono tra i pochi se non gli unici a rompere una pace sociale che dura da anni. In un paese in cui quasi 700 morti per incidenti sul lavoro dall’inizio dell’anno non bastano a mobilitare i lavoratori, a sensibilizzarli mentre i sindacati ufficiali se la cavano con comunicati di poche righe o con qualche ora di sciopero.
SI Cobas e Usb reagiscono agli arresti parlando di “teorema antisindacale” che sarà smontato. Ma quello che deve preoccupare è il tentativo continuo di trasformare lo scontro sociale in problema di ordine pubblico e in processi penali. Quello che succede anche in relazione alle lotte contro il treno dell’alta velocità in val di Susa.
E infatti sia il movimento NoTav sia le iniziative dei sindacati di base nella logistica nella situazione attuale appaiono come esempi quasi unici di radicamento nei territori in cui agiscono.

Picchetti, scioperi, occupazioni di magazzini, assemblee vengono equiparati a fatti criminosi. Come se non vi fossero lo sfruttamento della manodopera per lo più straniera e ricattabile, l’utilizzo senza freno di appalti e subappalti, cooperative infiltrate dalla criminalità organizzata, diritti sindacali inesistenti e sistematicamente violati. La logistica è uno degli snodi centrali dell’economia di nuova generazione, la circolazione delle merci è un momento determinante della categoria del valore. Lì la contraddizione si esprime a livello più alto. “Se lotti per migliorare le tue condizioni di vita e di lavoro sei un delinquente- afferma in un comunicato il collettivo Exit – si tratta di una mostruosità giuridica che va contrastata a tutti i livelli”. Ovviamente la difesa a livello processuale non basterà nel caso non dovesse essere affiancata dalla mobilitazione e dalla continuità del conflitto sociale.