Il Medio Oriente è in fiamme. E preoccupa sempre di più Washington ma anche i suoi alleati in Europa. L’attacco su Erbil, rivendicato dalla Guardie della rivoluzione iraniana, segna un ulteriore aumento del livello dello scontro. Le forze iraniane hanno comunicato che i loro missili avrebbero colpito una base del Mossad, mentre nelle stesse ore, al di là del confine siriano, altri missili colpivano quella che per Teheran era una base dello Stato islamico. “Missili balistici sono stati usati per distruggere i centri di spionaggio e di raduno dei gruppi terroristici anti-iraniani nella regione”, hanno scritto i Pasdaran, e hanno definito questo attacco come “una risposta ai recenti atti malvagi del regime sionista nel martirizzare i comandanti dell’Igrc (i Guardiani della rivoluzione, n.d.r.) e della resistenza”.

Missili in Iraq dove ci sono le basi statunitensi 

Un segnale inequivocabile, che inquieta il governo iracheno – in ansia per il rischio di vedere il proprio Paese coinvolto nello scontro – così come quello degli Stati Uniti. Il dipartimento di Stato Usa, attraverso il portavoce Matthew Miller, ha condannato “gli sconsiderati raid missilistici” contro il territorio iracheno confermando il sostegno dell’amministrazione Biden dalla stabilità del Paese. Lì dove sono presenti le forze Usa e della coalizione internazionale anti Daesh. Ma il pericolo è soprattutto legato a possibili strike contro le basi statunitensi, come dimostrato anche dall’abbattimento di alcuni droni nei pressi della base di Erbil.

Mar Rosso, missile Houthi colpisce cargo greco

Più a sud, sulle coste del Mar Rosso e del Golfo di Aden, continua poi a destare preoccupazione la questione Houthi. Un cargo greco ma battente bandiera maltese, la Zografia, è stato colpito da un missile partito dallo Yemen mentre seguiva la rotta dal Vietnam verso Israele. L’imbarcazione non ha riportato gravi danni né feriti. Ma l’attacco prova che la guerra degli Houthi per destabilizzare la navigazione e bloccare il traffico in direzione dello Stato ebraico non si ferma. E questo nonostante Washington e Londra abbiano proseguito anche ieri i loro raid mentre i governi del Vecchio Continente trattano sulla missione navale dell’Unione europea. Una notizia positiva è arrivata dal Qatar, che sembra abbia dato il via libera alle proprie navi cariche di gas naturale liquefatto per riprendere la navigazione. Ma nelle stesse ore è iniziata a circolare la notizia dello stop ordinato dalla Shell alle proprie navi. Segno che la tensione in quelle acque non riguarda solo le petroliere qatariote.

Il governo di Doha si è rivolto di nuovo a tutti gli attori diplomatici in campo nella crisi mediorientale. Majid bin Mohammed Al-Ansari, portavoce del ministero degli Esteri, ha affermato che secondo il Qatar “ciò che sta accadendo nel Mar Rosso rappresenta un pericolo per la navigazione internazionale e non può essere affrontato come una questione separata dalla guerra a Gaza e dai suoi sviluppi”. E questo punto di vista assume particolare rilevanza considerato anche il ruolo che il Paese del Golfo ha nella mediazione tra Hamas e Israele sia sulla tregua sia per quanto riguarda la liberazione degli ostaggi nelle mani delle fazioni palestinesi. Proprio per aumentare la pressione diplomatica su questo punto, il presidente israeliano Isaac Herzog ha scelto di sbarcare oggi a Davos nell’ambito World Economic Forum insieme a una delegazione di parenti dei rapiti.

Nel frattempo, mentre non si ferma il pressing della comunità internazionale per aumentare gli aiuti umanitari alla popolazione palestinese, continua la guerra delle Israel defense forces contro Hamas. L’operazione militare si concentra sulla roccaforte di Khan Younis, mentre diminuisce l’intensità a nord dell’exclave. Ma quello che preoccupa gli analisti è anche ciò che resta della forza del gruppo palestinese. Secondo il New York Times, sotto la Striscia vi sono tra i 550 e i 700 chilometri di tunnel. E questo indica quanto sia complessa e potenzialmente lunga la guerra di Israele contro le milizie che controllano quel territorio.