Sinisa Mihajlovic è morto nelle scorse ore all’età di 53 anni nella clinica Paideia di Roma. L’ex calciatore e allenatore serbo, arrivato in Italia all’inizio degli anni ’90, lottava dal luglio 2019 contro la leucemia ed è stato ricoverato l’11 dicembre scorso in seguito a una infezione divenuta da subito grave a causa del sistema immunitario compromesso dalla malattia stessa e dalle pesanti terapia a cui era sottoposto.

Ad annunciare la sua scomparsa è una nota della famiglia. “La moglie Arianna, con i figli Viktorija, Virginia, Miroslav, Dusan e Nikolas, la nipotina Violante, la mamma Vikyorija e il fratello Drazen, nel dolore comunicano la morte ingiusta e prematura del marito, padre, figlio e fratello esemplare, Sinisa Mihajlovic”.

“Uomo unico professionista straordinario, disponibile e buono con tutti”, le parole dei familiari. “Coraggiosamente ha lottato contro una orribile malattia. Ringraziamo i medici e le infermiere che lo hanno seguito in questi anni, con amore e rispetto, in particolare la dottoressa Francesca Bonifazi, il dottor Antonio Curti, il Prof. Alessandro Rambaldi, e il Dott. Luca Marchetti. Sinisa resterà sempre con noi. Vivo con tutto l’amore che ci ha regalato”.

IL PRIMOGENITO INCONTRATO NEL 2004 – Mihajlovic prima di incontrare la moglie Arianna Rapaccioni a Roma e mettere su famiglia, aveva già un altro figlio, Marko, nato nel 1993 da una precedente relazione. Un rapporto controverso quello con il suo primogenito incontrato per la prima volta nel 2004. “Mi ha deluso, non lo sento da un anno” ha spiegato in passato in una intervista concessa al settimanale Oggi ammettendo che “si mi dispiace. Marko è mio figlio, l’ho riconosciuto, mantenuto, ma non l’ho cresciuto io. Non lo sento da un anno. Gli avevo chiesto di prendersi più responsabilità, non ne è stato capace. Mi ha chiamato, non ho risposto. Lo chiamerò io quando sarò pronto. Se qualcuno mi delude, mi serve tempo”.

Mihajlovic aveva poi raccontato il rapporto con gli altri cinque figli: “Sono affettuosissimo, anche perché io so cosa vuol dire avere dei genitori che non ti abbracciano”. Il riferimento era al genitore. “Mio padre era un brav’uomo, un pezzo di pane, ma beveva. E quando lo faceva, diventava un altro”. I figli invece “sono il doppio di me, il più grande è quasi due metri, non lo so cosa mangiano. E studiano tutti, sono bravi, sanno che con me sull’università non si discute. Vivono a Roma, io a Bologna, li vedo nel mio giorno libero e ci sentiamo spesso. Però è meglio se li chiamo io, che se chiamano loro è perché hanno sempre bisogno di qualcosa”.

 

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