Sinistra condannata dal giustizialismo in Liguria, Toti bacchetta politica, Ghisleri il campo largo: “Orlando ha penalizzato, poca empatia con cittadini”

La vittoria di Marco Bucci e la sconfitta del fronte manettaro in Liguria hanno riflessi sul piano nazionale, a partire di limiti della leadership di Elly Schlein fino ad arrivare all’evidente necessità dell’ala centrista per essere competitivi. Le elezioni regionali offrono due insegnamenti: senza centro non si vince; gli elettori sono più intelligenti di chi sperava nella vulgata giustizialista. Che succede dopo il voto ligure? Sulle prospettive che si aprono si sono confrontati gli ospiti del secondo panel de L’ora del Riformista, il nuovo appuntamento settimanale del quotidiano che ospita il confronto sui principali temi internazionali e di politica interna, moderato da Aldo Torchiaro.

Toti: “In magistratura non c’è autocritica ma colpa è della politica”

Per Giovanni Toti le ragioni dell’inciampo di Andrea Orlando risiedono sia nella controproducente ondata forcaiola sia nella disfatta del Movimento 5 Stelle: «Le piazze chiamate dalla sinistra non si sono mobilitate. Una campagna troppo giustizialista evidentemente non piaceva e non era utile. Non bisogna scordare che in estate il centrosinistra ha cavalcato molto l’inchiesta, forse anche oltre il dovuto». L’ex governatore denuncia l’«assenza di autocritica interna» alla magistratura, ma al tempo stesso se la prende con la politica che ha scritto le leggi: «Penso che molte colpe, anzi la maggior parte delle colpe ce l’abbia la politica. Ha fatto 100 passi indietro dal ‘93 a oggi anziché tenere conto della frammentazione dei poteri nelle moderne democrazie».

Mari: “Toti patteggia e ammette colpa”

Giovanni Mari, giornalista del Secolo XIX, riconosce a Giorgia Meloni di aver colto la carta giusta con Bucci: «Sono convinto che qualsiasi altro candidato avrebbe avuto molta più difficoltà a confrontarsi con Orlando». Parla di «sconfitta grave» dell’opposizione e più che un rigore sbagliato a porta vuota lo considera «una serie di autogol che non vedevamo da anni, che era difficile anche mettersi lì a inventare». E, mentre parla dell’inchiesta piombata sulla Liguria, arriva a una conclusione: «Toti patteggia e quindi ammette la sua colpa».

Liguori: “Su Toti poca onestà anche dopo elezioni”

L’uscita di Mari infiamma il dibattito. Paolo Liguori, direttore editoriale di Tgcom24, rispedisce al mittente l’associazione tra patteggiamento e ammissione di colpevolezza: «Ormai le elezioni sono finite, il popolo ha votato. Ma che ci vuole a capire che in quelle carte che abbiamo letto tutti, che io ho letto e riletto, non c’è nulla? Ma come si fa a non avere l’onestà di capire che in quelle carte c’è scritto che non c’è il reato di corruzione?». Il giornalista punta il dito contro le «iniziative improprie della magistratura» e svela il boomerang: «Si sono rivoltate anche contro quelli che le volevano usare per vincere le elezioni».

Ghisleri: “Orlando ha penalizzato campo largo, no empatia con liguri”

Di certo, come ricorda la sondaggista Alessandra Ghisleri, non può sfuggire la differenza di fondo tra le due coalizioni: «Il centrodestra ha degli obiettivi precisi, è sempre molto unito e compatto nelle sue scelte, mentre il centrosinistra risulta molto più disgregato». Ma per la direttrice di Euromedia Research anche la figura di Orlando ha penalizzato il campo largo: «Non ha avuto quell’empatia con il popolo che poi nella campagna elettorale di centrodestra è emersa in toto. Era un candidato molto freddo e distante rispetto a quello che i liguri avrebbero desiderato, cioè una persona capace di mettersi in gioco, mettere le mani in pasta in una maniera maggiore». In sostanza bisognava scommettere su un altro profilo e, tra l’altro, cambiare l’approccio della corsa al voto: «Attaccare la modalità del centrodestra, di come loro fanno politica, non aiuta il centrosinistra a crescere».

Pinotti: “Coalizione poco affidabile se cancelli liste poche ore prima”

C’è poi un tema di credibilità. Roberta Pinotti, dirigente del Partito democratico, riconosce che non si trattava di una battaglia semplice ma allo stesso tempo che «c’erano le condizioni per poterla vincere». «In ogni caso non importa per quanto si è perso: quando si perde, si perde», aggiunge. Ovviamente non ha aiutato il terremoto politico nel centrosinistra, che si è mostrato litigioso e spaccato agli occhi di un elettorato già di per sé disorientato. Non a caso l’esponente del Pd si dice amareggiata per le travagliate vicende nel campo largo: «Dopo l’estate per un mese siamo stati sui giornali dove sono iniziati i distinguo, le tensioni del centro. E il fatto che a 48 ore dalla presentazione delle liste, con la lista già pronta, con le firme raccolte, con i nomi già inseriti, tu di fatto devi smontare quella lista perché c’è il veto di Conte sui candidati di Italia Viva… L’immagine che dai come coalizione non è di affidabilità, di voler marciare tutti uniti. Questo è un elemento di grandissima difficoltà».