Intifada a La Sapienza. Così, dismesso il campeggio di protesta, i solerti esponenti dei collettivi universitari, dopo essere stati superati in velocità da qualche collettivo medio-superiore desideroso di gemellarsi in metafora con Hamas e di reclamare la distruzione di Israele, si sono lanciati in un corteo e in agguerriti slogan pro-Palestina per contestare il Senato Accademico dell’Ateneo romano, colpevole di aver osato esprimere solidarietà alla martoriata Israele.
Non sia mai.
Per i giovani dei collettivi, residuati malmessi dei fumi degli anni Settanta le cui pistolettate non fecero in tempo a godersi, verbosi nemici d’Occidente di cui sono figli, si vedano le magliette dei Doors e dei Nirvana che indossavano, i civili massacrati da Hamas non meritano pietà alcuna.
È evidente come assieme alle tende abbiano dismesso anche la dignità e il senso stesso di appartenenza al genere umano.
Non sono loro sufficienti per esprimere solidarietà i cadaveri crivellati, i bambini trucidati, le donne stuprate, uno scenario infernale di morte e distruzione in un deserto dipinto di sangue; poco importa che lavoratori asiatici siano stati ammazzati a colpi di zappa in testa, a nulla vale che nella sua furia cieca Hamas, sempre più simile all’ISIS, non abbia risparmiato alcuna forma di vita, se non quelle utili per ottenere ostaggi da scambiare nel mercato della carne umana.
Tutto l’Occidente è ormai percorso dalla febbre della debolezza, la malattia dell’essersi chinati in un pulviscolo di rivendicazioni di privilegi spacciati per diritti, di micro-aggressioni e gerarchie psicotiche di minoranze oppresse, di un umanitarismo da cui è bandito qualunque senso di umanità, nel cui nome ci si indigna e protesta in maniera esagitata se una trans non può accedere al bagno delle donne e poi si rimane in silenzio claustrale davanti donne stuprate e fatte a pezzi.
La direzione esistenziale della nostra stessa civiltà è smarrita: capitoli cittadini di Black Lives Matter inneggiano ai massacratori di Hamas, organizzazioni studentesche di Harvard esprimono il loro sostegno alla causa palestinese e non dicono mezza parola sullo scempio dei civili israeliani, gruppi per i diritti LGBT e femministe si accodano alla celebrazione della causa palestinese, mentre manifestazioni pro-Hamas erompono nelle capitali occidentali.
E i loro maestri siedono in quelle stesse università, spesso in televisione, o sulle pagine dei giornali, a spiegarci che tutto è complesso e va contestualizzato e che in fondo, a pensarci bene, anche se degli esseri umani sono stati bruciati vivi bisogna capire certe ragioni.
Non c’è nulla da capire. Semplicemente, state dalla parte degli assassini.