L'appello dei genitori dal Texas
Sohail, il bimbo di 2 mesi scomparso durante l’evacuazione di Kabul: era stato affidato a un marine

È un dramma nel dramma quello che hanno vissuto e che stanno ancora oggi vivendo Mirza Ali Ahmadi e sua moglie Suraya. La coppia afghana era infatti all’aeroporto di Kabul il 19 agosto, assieme ad altre centinaia di persone, per tentare di scappare dal Paese riconquistato dai talebani.
Lì, ai cancelli dell’Abby Gate, quasi travolti dalla calca, avevano dovuto prendere una decisione che ha provocato conseguenze imprevedibili: affidare il loro bambino di appena due mesi, Sohail, ad un militare statunitense, pensando di poter presto ricongiungersi una volta arrivati all’ingresso dello scalo.
Mirza Ali Ahmadi e sua moglie Suraya però impiegarono oltre mezz’ora a superare quei pochi metri, con i talebani che continuavano a respingere i cittadini. In quel lasso di tempo del piccolo Sohail si erano però perse le tracce.
EXCLUSIVE
It was a split-second decision. Mirza Ali Ahmadi and Suraya found themselves and their five children in a chaotic crowd outside the gates of the Kabul airport on Aug. 19 when a U.S. soldier, from over the tall fence, asked if they needed help https://t.co/sGk2vbaqx7 1/3 pic.twitter.com/TlZbmTPaoj— Reuters (@Reuters) November 5, 2021
A spiegarlo sono i suoi genitori in una intervista alla Reuters, l’agenzia alla quale Suraya e Mirza Ali Ahmadi hanno raccontato la loro odissea, diffondendo una foto del piccolo di due mesi nella speranza che qualcuno posso aiutarli a ritrovarlo.
La coppia e i loro figli, di 17, 9, 6 e 3 anni, sono stati poi evacuati su un volo che prima li ha portati in Qatar e poi in Germania e alla fine sono atterrati negli Stati Uniti, dove si trovano ora ospitati a Fort Bliss in Texas, con altri rifugiati afgani in attesa di essere reinsediati da qualche parte negli Usa.
Il padre di Sohail, per 10 anni guardia di sicurezza presso l’ambasciata americana a Kabul, ha chiesto aiuti a tutti, affidandosi anche all’Afghan Refugee Relief, un gruppo di sostegno alle famiglie afghane che ha lanciato una campagna dal titolo ‘Bimbo scomparso’ (Missing baby).
Già il 19 agosto, negli istanti successi alla scomparsa del bambino, erano partite le ricerche all’interno dello scalo della capitale. Un comandante militare “ha partecipato con me alle ricerche in tutto l’aeroporto”, ha detto Mirza affermando di non sapere il nome del militare poiché non parlava inglese e faceva affidamento sui colleghi afgani dell’ambasciata Usa per aiutarlo a comunicare”. In tre giorni trascorsi nell’aeroporto Mirza spiega di aver parlato “con più di 20 persone, ad ogni funzionario – militare o civile – in cui mi sono imbattuto, chiedevo del mio bambino”, ma senza risultato. Alla fine era quindi giunto il momento dell’evacuazione, col volo che li ha condotti negli Stati Uniti.
Anche negli Usa, spiega Suraya alla Reuters, “non faccio altro che pensare a mio figlio”. “Tutti quelli che mi chiamano, mia madre, mio padre, mia sorella, tutti mi danno conforto e mi dicono: ‘Non preoccuparti, Dio è buono, tuo figlio sarà ritrovato’”.
Un funzionario americano sentito dalla Reuters ha precisato che il caso della scomparsa di Sohail è stato segnalato a tutte le agenzie coinvolte, comprese le basi statunitensi, mentre il Dipartimento di Stato ha assicurato che il governo sta lavorando anche con i suoi partner della comunità internazionale “per esplorare ogni strada e localizzare il bambino, incluso un appello emesso attraverso il centro internazionale per i bambini scomparsi”
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