Non si abbassa la tensione tra Iran e Stati Uniti nel giorno in cui una nuova ondata di folla si è radunata a Kerman per la sepoltura del generale Soleimani, la cui salma è arrivata nella cittadina dell’Iran sudoccidentale. Oltre 50 persone sono morte e almeno 200 sono rimaste ferite nella calca durante la cerimonia di sepoltura del generale Qassem Soleimani a Kerman, la sua città natale in Iran. Lo riferiscono media locali. Le autorità iraniane hanno rinviato per ragioni di pubblica sicurezza la sepoltura del generale.

Intanto nuove minacce contro gli Stati Uniti da parte di Teheran. Il ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif ha fatto sapere che l’Iran si vendicherà per la morte di Qassem Soleimani. “Gli Stati Uniti riceveranno una risposta definitiva e certa al loro atto oltraggioso in un momento e in un luogo in cui avvertiranno un grandissimo dolore”, le parole di Zarif che ha sottolineato come gli iraniani abbiamo partecipato al lutto: “Avete visto la nostra forza popolare. Non credo che il signor Trump abbia visto una folla così grande nella sua vita”.

Intanto Donald Trump continua a twittare minacce all’Iran, che ha annunciato vendetta dopo l’uccisione del generale Soleimani, dall’altro alte cariche istituzionali intervengono per mettere un’argine alla furia del Presidente. Lo ha fatto il Comitato degli Affari Esteri della Camera che ha ricordato come sia “il Congresso a detenere i poteri militari”. Ora anche il capo del Pentagono ha smentito le dichiarazioni di Trump che minacciava di colpire siti culturali in Medio Oriente.

“Abbiamo individuato 52 siti iraniani (che rappresentano i 52 ostaggi americani presi dall’Iran molti anni fa), alcuni di altissimo livello e importanti per l’Iran e la cultura iraniana”, aveva twittato Trump facendo scattare l’allarme. Poi ha rincarato la dose: “A loro è consentito uccidere, torturare e mutilare la nostra gente e a noi non è consentito toccare i loro siti culturali? Non funziona così”. Tanto da costringere l’Unesco a ricordargli che gli Stati Uniti hanno firmato la convenzione per la protezione dei siti culturali.

Ma il capo del Pentagono, Mark Esper, ha smentito l’ipotesi di un attacco. “Gli Usa rispetteranno le leggi dei conflitti armati”, ha assicurato Esper. È avvolto dal mistero invece chi abbia diffuso la bozza della lettera che annunciava il ritiro delle truppe Usa in Iraq. Alcuni media, tra cui France Press e Cnn, sono entrati in possesso di una lettera destinata al vice capo del Comando militare iracheno delle operazioni congiunte, Abdul Amir Yarallah, dal generale William H. Seely, comandante delle operazioni militari statunitensi in Iraq. Nella missiva si comunicava il riposizionamento delle truppe statunitensi. Riposizionamento poi smentito dallo stesso Mark Esper. La missiva sarebbe stata però autentica, ma era una bozza: inviarla è stato un errore.

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