Emergenza Coronavirus
Solidarietà tra stati, sbloccata l’esportazione di mascherine da Germania e Francia
“Un’altra buona notizia. Vi comunico che è stata sbloccata l’esportazione, dalla Germania e dalla Francia, di mascherine, tute e schermi facciali”. Così Luigi Di Maio su Facebook ha annunciato lo sblocco dell’esportazione di mascherine che stava preoccupando l’Italia. “Siamo impegnati a tutelare la salute dei nostri cittadini e in questa fase, più di prima, è fondamentale la collaborazione tra gli Stati. Siamo davanti a una crisi che riguarda tutti, in Italia e all’estero. Se rimaniamo uniti possiamo farcela”, ha continuato.
IL CASO – Nei giorni scorsi aveva preso corpo una polemica dopo che la Germania aveva imposto una forte restrizione all’esportazione in Italia di mascherine a altri dispostivi di protezione personale, fondamentali per fronteggiare l’emergenza Coronavirus. Lo aveva preannunciato il ministro alla Sanità tedesca Jens Spahn: “Come anche in Francia e in Italia, anche in Germania oramai ci sono più contagi da coronavirus nati all’interno dei confini che presi all’estero”. “Siamo in una fase diversa rispetto ad altri Paesi”, aveva aggiunto quindi il ministro teutonico.
Alle parole sono seguiti i fatti e soprattutto le lettere. Come quella arrivata dalla multinazionale statunitense 3M, che ha inviato una nota alle società clienti italiane confermando la restrizione per i prodotti fondamentali per affrontare la pandemia di Covid-19: camici chirurgici (sterili e non sterili), respiratori per particolato (FFP2/FFP3), maschere chirurgiche, occhiali di protezione, visiere, indumenti di protezione. L’azienda, nella lettera pubblicata da SmartMag, aveva spiegato di non essere in grado di garantire ai propri clienti italiani la consegna tempestiva dei prodotti.
LA REAZIONE EUROPEA – Il no tedesco all’esportazione dei prodotti ha provocato una veloce reazione delle istituzioni europee. La Commissione UE avrebbe pronta una procedura di infrazione nei confronti della Germania. Sorte simile dovrebbe esserci anche per Bulgaria, Repubblica Ceca e Polonia, che hanno adottato provvedimenti simili nonostante le necessità italiane.
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