I dati
Sono le imprese a salvare il Paese: uno studio di Confcommercio lo conferma
Nonostante un clima positivo di crescita economica, le imprese italiane subiscono i rincari. Ribadiamo con convinzione l’importanza di trovare con le Istituzioni percorsi condivisi che nascano dal dialogo e dal confronto con le rappresentanze economiche per tutelare gli interessi di tutti, imprese e cittadini
In questa caldissima estate, l’economia ci sta restituendo alcuni segnali positivi. Scende l’inflazione, esplode il turismo. Il 2023 potrebbe essere un anno record in termini di presenze. E anche Milano sembra anticipare il trend con prospettive migliori rispetto alle previsioni. Maggio è stato il mese record per arrivi (+22% rispetto al maggio 2019). Con 790.281 ha superato il primato di aprile (744.280) e conferma la proiezione per il 2023 come anno migliore in assoluto. Il nostro Ufficio Studi ha stimato un aumento tra il 15 e il 20% degli arrivi rispetto alla scorsa estate, circa un milione di persone in questi mesi estivi. Un indotto positivo per un settore strategico della nostra economia.
Ma in questo scenario di cauto ottimismo, c’è un problema che rischia di aggravarsi: quello dei rincari per le imprese. Non solo in termini energetici o di materie prime – sì, il mercato dell’energia si sta assestando, ma non è certo tornato ai livelli pre-pandemici, ma anche e soprattutto dal punto di vista fiscale.
L’Italia si trova in ultima posizione, al trentasettesimo posto, nel ranking dell’International Tax Competitiveness Index, l’indice che misura il grado di competitività dei 37 paesi OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) usando come parametri le politiche fiscali e tributarie dei singoli stati. Nel 2019 il nostro Paese è passato dal 31° al 30° posto nel Global Competitiveness Index 2019 del World Economic Forum che mette a confronto 140 economie fornendo informazioni sui fattori di produttività e ricchezza.
Gli oneri fiscali elevati limitano la competitività e la redditività delle aziende, frenando la capacità di investire e creare occupazione. Un coraggioso abbattimento del cosiddetto cuneo fiscale permetterebbe alle imprese, in particolare a quelle più piccole, di programmare investimenti in innovazione e sviluppo e di assumere personale qualificato offrendo stipendi più che competitivi. In Italia, le tasse e il cuneo fiscale rappresentano una componente significativa dei costi per le imprese. Il nostro cuneo fiscale è uno dei più elevati in Europa. Secondo i dati OCSE, nel 2020 il cuneo fiscale italiano si attestava intorno al 48,3%, superiore alla media OCSE del 35,9%.
E poi ci sono quei costi imprevisti che non dipendono dalla gestione aziendale, ma da esternalità che ricadono inevitabilmente sulle attività. A Milano, lo abbiamo letto sui giornali come anticipazione e poi è stato confermato dagli atti formali, l’Area C – la zona a traffico limitato nel centro della città – aumenterà del 50% arrivando a 7,50 euro. L’aumento riguarderà in maniera significativa anche il traffico di servizio che impatta sulle imprese. Oltre a ciò abbiamo letto che le limitazioni potranno essere estese, a partire dal 2024, anche al sabato e alla domenica. Una misura che avrà ovviamente ricadute significative per l’attrattività della città. Una città che, però, non va dimenticato, beneficia di importanti investimenti e sforzi fatti negli anni sul trasporto pubblico locale. Qualche giorno fa sono state inaugurate le nuove fermate della Metropolitana 4 che collegano il centro di Milano con l’aeroporto di Linate in soli 12 minuti.
E poi c’è il tema degli affitti commerciali. Se fuori da Milano o in quartieri più periferici spesso gli immobili sono di proprietà dell’imprenditore, in centro e in città sono in affitto e rappresentano una voce di costo molto rilevante ed equivalente a quella del personale. Un anno fa lanciavamo l’allarme di aumenti del costo dell’energia con rincari fino al 600%. Oggi, nonostante i ribassi e gli interventi del Governo, la voce “energia” resta un fattore di costo elevato incidendo pesantemente sui bilanci aziendali.
Anche il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli è tornato a sottolineare come occorra “intervenire con più decisione sulla riduzione del cuneo fiscale e della spesa pubblica inefficiente”. Le imprese assorbono questi rincari fino a quando è sostenibile farlo, poi diventano inevitabili le ricadute sui consumatori e sul loro potere di acquisto, frenando la ripresa dei consumi e la crescita economica.
Ecco perché è bene considerare i segnali economici in un contesto ampio. E per questo motivo ribadiamo con convinzione l’importanza di trovare con le Istituzioni percorsi condivisi che nascano dal dialogo e dal confronto con le rappresentanze economiche per tutelare gli interessi di tutti, imprese e cittadini. Per una crescita solida che non lasci indietro nessuno.
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