Ha aspettato e incassato senza dire nulla. E’ finita nel tritacarne mediatico e politico che ha massacrato il marito, e neo deputato, Aboubakar Soumahoro per una inchiesta che è ancora nella fase di indagini preliminari. Dopo settimane di silenzi, Liliane Murekatete, 45 anni, parla e non le manda a dire. Annuncia di portare “in tribunale chi mi ha diffamato” e offre la propria versione dei fatti su una vicenda, quella dell’inchiesta della procura di Latina sulle condizioni dei lavoratori nella cooperativa Karibu fondata da sua madre Marie Therese Mukamitsindo, 68 anni, che ha scatenato giornali, televisioni e politici, quasi in estasi nel massacrare il riscatto dell’ex sindacalista candidato e scaricato da una Sinistra “radical chic e con la puzza sotto il naso“.

In una intervista all’AdnKronos, Liliane non ci sta e reagisce alla gogna e all’appellativo di “Lady Gucci“, coniato dai suoi detrattori per alcune foto pubblicate con indosso abiti, accessori e borse firmate: “La costruzione del racconto mediatico volto a rappresentarmi come una cinica ‘griffata’ e ad affibbiarmi icastici titoli derisori, una che pubblica selfie (peraltro dello stesso tenore di quelli di centinaia di migliaia di giovani donne occidentali e non) mentre i lavoratori della cooperativa non ricevono gli stipendi è artatamente falsata” sottolinea prima di chiarire che “la gran parte delle foto” risale “al 2014/15“, ovvero “quando non avevo alcun incarico nella cooperativa Karibu e quando non avevo ancora conosciuto il mio compagno”.

In sintesi, così come sottolineato più volte dal Riformista in queste settimane, Soumahoro e la sua famiglia sono stati massacrati perché “negri“, perché “vittime del razzismo della sinistra, acido e fasullo come una moneta di piombo“. La stessa moglie dell’ex sindacalista ricorda proprio come “il sottotesto della narrazione esclude a priori l’ipotesi che possa esistere una donna africana benestante (e/o che possa diventarlo onestamente) e men che mai che essa possa contemporaneamente impegnarsi nelle questioni sociali”.

Altro che presunzione di innocenza in una inchiesta dove il deputato Soumahoro non è indagato. “Posso capire, senza giustificarli, gli attacchi politici, ma la narrazione della maggior parte dei giornalisti è stata improntata ad un teorema fondato sulla colpevolezza certa e manifesta, con buona pace della presunzione di innocenza: colpevole io, colpevole mia madre, colpevole il mio compagno“, afferma Liliane, che precisa di non ricoprire più alcun ruolo all’interno della Karibu.

“Il sapiente, malizioso utilizzo di espressioni quali la ‘cooperativa della moglie di Soumahoro’ (mentre non faccio più parte della cooperativa né come membro del Cda, né come socia né tantomeno come dipendente) o ‘la cooperativa della famiglia di Soumahoro’ che ha connotato sin da subito la campagna mediatica è particolarmente odioso in quanto volto a sollecitare distinguo, prese di distanza, ripudi, magari accuse reciproche, tutti rigorosamente pubblici, nella peggiore tradizione dell’Autodafé”.

Soumahoro, che la scorsa settimana nel corso di Piazzapulita su La7, aveva rivendicato “il diritto all’eleganza e alla moda” perché “è libertà, la moda non è né bianca né nera”, è stato “messo in croce per quelle foto perché – spiega Liliane -non le ha condannate pubblicamente per appagare le aspettative dei cultori dei reality show e non ha voluto parlare di mie vicende private correlate a quelle foto”.

Sugli stipendi non pagati ai lavoratori della Coop, la moglie di Soumahoro rilancia: “Si sorvola sul fatto che anch’io (che peraltro sono in aspettativa dall’aprile 2022) sono in attesa della corresponsione degli arretrati”. Infine è chiamata anche a fare chiarezza sulla casa comprata  a Casal Palocco dopo “insinuazioni” e i “gratuiti sospetti che permeano il ragionamento socioculturale di molti articoli malevoli: la Murekatete ha certamente acquistato la casa con i soldi della cooperativa! E invece no, il prezzo non ricompreso nella somma erogata grazie al mutuo è di provenienza lecita”, spiega: “E il paradosso è che la colpevolizzazione è arrivata ad un grado di intensità tale da pretendere che io debba spiegare la provenienza delle mie risorse economiche per soddisfare la curiosità pubblica”.

“Io – si difende Liliane – a questo processo mediatico non mi presto né intendo prestarmi: se l’autorità giudiziaria me lo chiederà, non avrò problemi a dimostrare la liceità dell’acquisto, ma respingo culturalmente il processo da celebrarsi nella piazza mediatica, per una miglior diffusione via social e colpo di grazia nelle testate scandalistiche”.

Per Murekatete la misura è colma: “In questo piano inclinato – conclude nella sua intervista all’AdnKronos – non posso quindi fare altro, al momento, che dare incarico al mio avvocato, Lorenzo Borrè, per adire le vie giudiziarie nei confronti di quanti mi hanno consapevolmente e persistentemente diffamato, ai limiti dello stalking“, annuncia la compagna di Aboubakar.

Redazione

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