Esteri
Spagna, al via il governo tra Psoe e Podemos
L’astensione del partito secessionista catalano Esquerra Republicana de Catalunya (Erc) permette ai socialisti spagnoli di formare il governo con la sinistra populista di Podemos. Nella seduta di ieri del Congresso spagnolo, Pedro Sanchez è stato eletto presidente del governo con 167 voti a favore, 165 contrari e 18 astensioni. Il voto giunge al culmine di uno dei periodi più travagliati della recente storia di Spagna, dopo la quarta elezione in quattro anni.
Sono tre le fondamentali caratteristiche di una fase che si apre all’insegna di un equilibrio precario: la novità di una coalizione debole, frutto di un parlamento frammentato; un programma esplicitamente progressista che dovrà fare i conti con la severità dei vincoli europei; l’apertura di un dialogo politico con la Catalogna dopo anni di conflitti giudiziari. Il leader del Psoe raggiunge l’obiettivo con il secondo voto (il primo voto di domenica scorsa non gli aveva dato la maggioranza assoluta necessaria al primo turno). Nasce un governo “all’italiana” fondato sull’intesa tra Psoe e Podemos, con il sostegno dei deputati di alcuni partiti minori (Pnv, Más País, Compromís, Nueva Canarias, Teruel Existe e Bng), rappresentanti di comunità regionali. Determinante l’astensione di due partiti nazionalisti di sinistra: i catalani di Erc e i baschi di Euskal Herria Bildu. È la prima volta nella storia della Spagna democratica. Una novità assoluta che, dopo le elezioni del 10 novembre 2019, ha richiesto due mesi di estenuanti trattative e l’assunzione di più di 300 impegni.
Maggiori trasferimenti di risorse, sistemi di finanziamento autonomo, reti stradali, corridoi ferroviari, miglioramenti della banda larga, misure per le zone rurali, riduzione dei pedaggi autostradali: la lista delle rivendicazioni localistiche è lunga e contraddittoria. «Il regime parlamentare in Europa non è più in grado di garantire quelle prestazioni minime di unità e di governo che una nazione ha diritto di attendersi», spiega a proposito del caso spagnolo Carlo Fusaro, costituzionalista. «Non solo nessuna forza politica riesce a raggiungere i consensi sufficienti a governare da sola, ma le coalizioni sono diventate di formazione e gestione più difficile, quando non impossibile.
C’è più bisogno di compromessi, ma ne mancano sempre più i presupposti».
Chi gongola più di tutti è certamente Pablo Iglesias. Il leader del Podemos ha ottenuto infatti la redazione di un programma iperprogressista – è questa la seconda caratteristica del nascente esecutivo – ricco di misure ispirate alla giustizia sociale, al femminismo, all’ecologismo e alla lotta al cambiamento climatico. Non sappiamo se siano effettivamente realizzabili. Nel frattempo però può sbandierare contro le destre un po’ di antifascismo militante con la definizione di celebrazioni antifranchiste, le esumazioni delle vittime di Franco ancora sepolte nelle fosse comuni e la rimozione della simbologia della dittatura dai luoghi pubblici.
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