«Ho visto delle cose che non conoscevo del mio carattere e del mio essere quotidianamente e per questo ringrazio Pietro Castellitto e tutto il gruppo. La serie va vista perché è simpatica e allo stesso tempo emozionante». È con le parole di Francesco Totti che si può riassumere l’epica leggerezza della serie Sky Original a lui dedicata: Speravo de Mori’ prima, in onda su Sky Atlantic e Now Tv dal 19 marzo in 6 episodi e presentata alla stampa nella cornice dello Stadio Olimpico di Roma.

Tratta dalla biografia del calciatore Re di Roma dal titolo Un capitano, scritta da Paolo Condò con Francesco Totti, la dramedy diretta da Luca Ribuoli, intersecando presente e passato della vita del campione, ne evidenzia il momento che più si presta al racconto seriale: il doppio scontro, quello avvenuto nell’ultimo anno e mezzo di carriera, tra Totti e Luciano Spalletti e quello più profondo tra il calciatore e il tempo, quello per giocare, che sta per scadere. Ad interpretare Francesco Totti sul piccolo schermo Pietro Castellitto, abilissimo nel rievocare la figura di uno dei suoi idoli da sempre, mentre nel ruolo di Ilary Blasi troviamo Greta Scarano. I genitori di Totti diventano Giorgio Colangeli e Monica Guerritore mentre il ruolo dell’apparente cattivo della storia, Luciano Spalletti, va a Gianmarco Tognazzi.

«Partirei dal capitano che dice che rivedendosi ha scoperto aspetti della sua personalità che neanche lui conosceva» esordisce Castellitto che aggiunge: «La sfida era quella di creare una maschera che lo evocasse ma che allo stesso tempo lo stupisse. Sono cresciuto con il poster di Totti in camera, ero piccolo e lo guardavo mentre diventava uomo. L’ho conosciuto grazie a quest’avventura». Castellitto confessa di aver tenuto un diario quando aveva 9 anni dove scriveva di Totti, del suo mito, anche in versi come “Il calcio non è calcio, se Totti non c’è”. Speravo de mori’ prima si concentra sulla sfera intima di Totti, sulla sua dimensione umana, sul confronto con se stesso e con le persone a lui più vicine. Questo aspetto ha permesso che ci si potesse prendere qualche libertà narrativa e che si potessero mostrare le dinamiche intime fondamentali per capire il percorso di un campione: la famiglia e il rapporto con i genitori, la relazione con Ilary e quella con i suoi compagni di squadra, allenatore, medici, supervisori.

Greta Scarano racconta: «Con Luca Ribuoli e Pietro abbiamo cercato ti rappresentare questo rapporto così solido e abbiamo tentato di raccontare un grande amore che mi piace immaginare simile all’amore che Totti prova per la Roma. Abbiamo cercato di rappresentare la coerenza nello starsi vicino anche nei momenti difficili, come quando Totti stava per lasciare il calcio. Una sorta di dramma shakespeariano». L’atmosfera dentro la quale è cresciuto, la famiglia, il contesto, l’educazione, i valori, sono stati alla base della sua solidità, del suo essere campione. Questa consapevolezza è sottolineata dal ruolo fondamentale di mamma Fiorella (Monica Guerritore) e papà Enzo (Giorgio Colangeli). Gli attori lo confermano.

«Unisci madre e Roma e viene fuori la figura di Fiorella, un personaggio forte, carnale, passionale, che individua nel figlio una seconda nascita, il talento e lo coltiva» commenta Guerritore e conclude: «Il titolo della serie lo trovo bellissimo perché indica un dolore troppo grande da schiantare il cuore. Come disse il poeta Cesare Pascarella: «er core me s’è aperto come ‘no sportello». Giorgio Colangeli che interpreta il signor Enzo, papà di Francesco, scomparso lo scorso ottobre a causa del Covid, fa una riflessione sull’importanza della famiglia di Totti nell’aver cresciuto un campione: «Il suo riuscire a sopravvivere a tutta questa fama è anche frutto di questa normalità che gli è stata sempre proposta dalla famiglia e che in un certo senso lo ha salvato. Entrando in questo stadio, immaginandolo pieno di gente che grida il tuo nome, come si fa a rimanere normali? Si riesce quando anche il tuo privato affettivo personale è un punto di riferimento saldo e solido».

Lo hanno disegnato come il cattivo della storia, venuto a sradicare il campione dal suo habitat naturale, il campo da calcio. Invece Luciano Spalletti, interpretato da Gianfranco Tognazzi, viene mostrato con l’onestà delle riflessioni di Totti che filtrano nella serie: «Ho individuato un filo conduttore che è quello del disagio: il disagio di Spalletti, il disagio di Totti, il disagio della società, il disagio di dover riprendere un filo interrotto anni prima, con tutti i malintesi e i non-detti della situazione. Ma non ritengo che Spalletti sia il cattivo: si tratta di rapporti inter-personali complessi, che sono la vera forza di questa serie». Speravo de mori’ prima pur narrando le vicende personali di un campione legato indissolubilmente alla sua Roma ed alla romanità più pura, punta all’universalità del racconto e fa centro mostrando la semplicità dei rapporti umani, delle dinamiche familiari e dello scontro tra un uomo, il tempo che passa, le sue aspirazioni e i suoi sogni.