Spiraglio per il concordato preventivo. Il penultimatum fiscale anti onestà

L’incertezza del diritto è sempre una pessima compagnia, soprattutto quando si estende alla giustizia fiscale. Alle origini di ogni democrazia occidentale c’è il motto che ha guidato la guerra di indipendenza americana: “No taxation without representation”. La tassazione si giustifica solo con il diritto alla rappresentanza, quindi a discuterne prima, fino alla definizione di una norma certa.

La necessità di cassa

Quando la tassazione diventa ondivaga e sottoposta alle necessità di cassa c’è qualcosa che non va, nel 1765 così come nel 2024. Dopo settimane di richieste per rinviare i termini di adesione al concordato preventivo, e dopo altrettante settimane di roccioso diniego da parte del Governo, con la voce autorevole del viceministro al Mef, Maurizio Leo, un altro rappresentante del Governo, il sottosegretario al Mef, Federico Freni, apre una porta: riapertura dei termini e magari anche un condono. Criminalizzare i condoni fiscali non è uno sport che mi appassiona. Come non mi ha mai convinto l’elogio smodato, che qualche anno fa l’allora ministro Tommaso Padoa Schioppa elevò nei confronti del Fisco: “Le tasse sono una cosa bellissima”. Sono i penultimatum fiscali che rendono la vita dei cittadini e delle imprese una vera corsa a ostacoli. E parlo dei cittadini e delle imprese che fanno dell’onestà il loro modo di agire e di relazionarsi con le Istituzioni. I penultimatum fiscali sono la manna dei contribuenti disonesti, lo ha scritto qualche giorno fa Veronica de Romanis sulla Stampa.

L’adesione

Difficile dire se il ripensamento che sembra manifestarsi nelle intenzioni del Governo, a proposito di concordato preventivo, dipenda da una riscossione che si è manifestata più magra del previsto, ma è certo che la strada della fiducia tra cittadini (onesti) e Fisco si è fatta più impervia, meno lineare, più tortuosa. Bisogna aspettare un comma nella legge di Bilancio? Occorre attendere un veicolo normativo specifico e diverso? E i tempi? L’incertezza insinuata nel futuro termine di adesione al concordato fiscale preventivo produce domande senza risposta che turbano i sonni solo di chi capisce di essere stato fregato un’altra volta. E si scatenano le fantasie dei nuovi azzeccagarbugli del Fisco: c’è chi esclude con sicumera (smentita da Freni) una proroga, ma punterebbe a una riapertura dei termini del concordato fino a fine anno. C’è chi assicura che al Mef si starebbe valutando l’ipotesi di aprire una nuova finestra per dare un’altra possibilità ai contribuenti che non si sono fatti avanti entro il 31 ottobre. Una soluzione diversa da quella della proroga, un semplice allungamento dei tempi che avrebbe fatto slittare il conteggio delle risorse incassate e quindi il loro impiego. La riapertura dei termini, invece, sgancerebbe la seconda edizione del concordato dalla prima, con scadenze differenti e due diverse tranche di incasso.

L’opacità del rapporto

Trovata da legulei fiscali. In buona sostanza l’ennesima prova di un terreno scivoloso, che non rende agevole il rapporto tra contribuente e Fisco. Alla faccia di tutta la retorica che nel corso degli anni ha voluto cantare le lodi di un Fisco più vicino, in grado di rappresentare plasticamente l’utilizzo delle risorse incassate. Le addizionali comunali o regionali all’Irpef si giustificavano con la possibilità di poter “vedere” dove finiscono le mie tasse.
E chi le ha viste? Si sono soltanto creati nuovi silos dove si incassa di più per produrre – ahimé – sempre di meno e con sempre meno trasparenza. Aver avvicinato il Fisco al cittadino ha finito solo per aggiungere nuovi prelievi a quelli consolidati.

L’opacità di questo rapporto – Fisco e contribuenti – è testimoniata anche da Bankitalia, che nel corso di una recente audizione ha sostenuto che “le misure volte a ridurre l’onere fiscale per i lavoratori dipendenti a basso reddito, le modifiche e le aggiunte all’insieme dei trasferimenti a favore delle famiglie e gli interventi in materia di oneri detraibili non rendono tuttavia il sistema di tassazione personale dei redditi e di trasferimenti sociali più semplice e trasparente”. E quando il Fisco è una nebulosa, rapida nel prendere, confusa nel restituire, si è fatto un passo indietro nella civiltà, di almeno tre secoli, quando al posto degli Stati Uniti d’America c’erano solo delle colonie di Sua Maestà, da spremere al bisogno.