Un popolo di santi, poeti, navigatori e decisamente di sportivi, almeno a giudicare dai dati economici, perché, secondo le stime del CONI, lo sport in Italia vale l’1,7% del Pil del Paese, in cifre sono più di 30 miliardi di euro. Un’industria a tutti gli effetti e se poi si considera anche l’indotto, il valore raddoppia a 60 miliardi e coinvolge a diversi livelli, oltre 14 milioni di italiani tra atleti professionisti, amatoriali, tecnici, dirigenti e collaboratori sportivi.

Un buco enorme per un altro settore fermato, stremato dall’emergenza del Coronavirus e con il quale lo Stato dovrà fare i conti.
Un’assenza che non si limita al danno economico, ma che impone anche una rinuncia alla socialità, al piacere di assistere ad una competizione sportiva in compagnia di amici e tifosi o alla soddisfazione di praticare in prima persona, una disciplina sportiva.

E la scomparsa dello sport rischia di essere molto più lunga delle altre, poiché proprio la sua prima caratteristica e qualità: la capacità di aggregare ed unire, ora rappresenta il pericolo più grande, sia durante il permanere delle restrizioni che dopo, quando bisognerà immaginare un diverso modo di allenarsi e di organizzare competizioni internazionali, per l’agonismo e il professionismo.

Certo ci sono sport individuali, come il golf, l’atletica o il ciclismo, che potrebbero ripartire subito, ma come garantire in sicurezza il trasferimento worldwide degli atleti e del loro considerevole staff? E come fare per gli sport di squadra? Giovanni Malagò, Presidente del CONI è al lavoro con gli oltre 200 Comitati Olimpici (CIO) di tutto il mondo per trovare le risposte e ci spiega a che punto sono nella ricerca di soluzioni per far ripartire lo sport in ogni paese.

E il calcio? Cosa ne è della passione di milioni di italiani che ogni domenica, ma ormai dal venerdì al lunedì, palpitano, scalpitano, soffrono e tifano per la squadra del cuore? Mancano 13 giornate alla fine del Campionato e non si sa se e quando ci sarà un vincitore di scudetto o se negli annali del calcio, quella 2019-2020, resterà una stagione senza un Campione d’Italia.

E con quali perdite per società calcistiche ed atleti? Ogni finale decisione spetterà naturalmente a Federcalcio, ma intanto con il Presidente del CONI, Giovanni Malagò, abbiamo provato a valutare quali sono i rischi e le sofferenze economiche per uno dei settori più trainanti dell’industria “sport Italia”.

Non ci sono solo grandi campioni e atleti di fama mondiale, nello sport ci sono tutti perché tutti possono scegliere di praticarne uno, ma non in periodo di quarantena, poiché nelle misure adottate dal Governo per combattere il diffondersi della pandemia da Covid, è bandita ogni pratica sportiva che non sia svolta in prossimità della propria abitazione.

Difficile convincere un runner o biker a fare il giro del palazzo infinite volte e quindi alla fine nessuno fa più sport e proprio nel momento in cui per resistere ai danni ed ai mali della pandemia, il benessere psico fisico che regala lo sport, sarebbe un aiuto prezioso.
Molte sono state le polemiche su una simile restrizione, ma nessuna eccezione è stata preferita a mille eccezioni ed allora tutti a casa, per non sbagliare.

A casa anche i bambini che non hanno goduto di nessun lascia passare che invece la loro età e le loro esigenze avrebbero richiesto, ma sempre per non sbagliare, a casa anche loro e poche prospettive future. E così viene naturale chiedersi: dal fatidico 4 maggio, data ormai vista come uno spartiacque epocale, cosa si farà, come si tornerà ad allenarsi? Con quali indicazioni o strumenti di tracciamento?.

“Immuni”, l’app di cui molto si parla in questi giorni, potrebbe essere davvero una soluzione anche per lo sport?