La discobola italiana: "Faccio spesa senza zaino. Pensano voglia rubare"
Sport e razzismo, Daisy Osakue: “Se ti ferma la polizia negli Usa la regola numero uno è rimanere vivi”

Daisy Osakue non si inginocchierà alla prossima gara. La discobola italiana, 24 anni, figlia di genitori africani, parla del caso George Floyd e quindi di sport e razzismo in un’intervista alla Stampa. “Uno sportivo può e deve farsi sentire, ma quel gesto è americano – dice a proposito della protesta resa famosa dal giocatore di Football americano Colin Kaepernick – Per cambiare la storia bisogna conoscerla. Si è inginocchiata la mia amica Gwen Berry, pesista di lusso esclusa dalla distribuzione dei fondi destinati ai migliori per colpa della sua protesta. La ammiro, ma non la seguo: rispetto le regole di uno sport che amo. Posso usare i social, raccontare, spiegare, sensibilizzare le persone sulla questione minoranze”.
Sul gesto si era discusso anche domenica scorsa quando, prima del Gran Premio di Formula 1 in Austria, alcuni piloti si sono inginocchiati. Tra loro anche il campione del mondo Lewis Hamilton. Sulle loro t-shirt messaggi come “End Racism” e “Black Lives Matter”. Alcuni atleti, pur condividendo la protesta, hanno scelto di non inginocchiarsi, tra questi il ferrarista Charles Leclerc. Nemmeno Osakue dunque si inginocchierà alla prossima competizione: “Io sono solo una lanciatrice, una sfigata qualsiasi, ma nella mia piccola cerchia cerco di informare, di spiegare che cosa succede per le strade, la motivazione non violenta. Ho avuto attenzione”.
Osakue fu protagonista di un episodio nel luglio 2018, quando fu colpita da un lancio di uova in pieno volto. “A me non piace usare la carta del razzismo, ma credo che questa volta è così. Semplicemente perché quella zona tutti la conoscono perché ci sono prostitute di colore”, aveva detto in quella occasione. Il caso si era verificato a Moncalieri, dove è cresciuta. Le proteste scoppiate per la morte di George Floyd le ha vissute da vicino perché studia negli Stati Uniti. “Mi vedo allo specchio, mi guardo intorno, so chi sono: non quello che si aspettano gli italiani. Noi, figli della prima generazione di emigrati stabili, siamo gli sconosciuti. Io sono fortunata, ho una famiglia che mi ha avviata allo sport, mi ha dato la possibilità di studiare criminologia all’estero. La mia allenatrice, Maria Marello, è una forza della natura. Ho amici splendidi e l’atletica dove davvero non ci sono differenze, ma ci vuole tempo”. In America, dice, è diverso. Per le contraddizioni che si vivono e i rischi. “I miei compagni mi hanno insegnato ad andare a fare la spesa senza zaino. Se lo porto pensano che voglia rubare – dice – anche come ci si comporta se ti ferma la polizia: ‘Numero uno, rimanere vivi. Taci, esegui, concentrati’”.
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