Avvocato di professione da quando l’antica colonia britannica era conosciuta come Ceylon, parlamentare in servizio permanente effettivo dalla metà degli anni 70, sei volte primo ministro in 45 anni di carriera, nel giro di pochi giorni, Ranil Wickremesinghe è diventato Presidente dello Sri Lanka. Il suo predecessore, Gotabaya Rajapaksa, si era dimesso ed era fuggito alle Maldive a metà luglio dopo mesi di proteste di massa per la crisi economica dell’isola. Dopo una settimana, Wickremesinghe era già Capo dello Stato, eletto grazie al voto segreto del Parlamento con 134 voti su 225 parlamentari. E ora, se non l’ammazzano, guiderà il Paese fino al 2024. Ma le proteste non sono finite con la fuga dal Paese dell’ex Presidente. Il nuovo è partito subito con il piede sbagliato. Ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale con l’unico risultato di vederlo sfidato da migliaia di manifestanti che hanno prima dato alle fiamme la sua residenza privata e poi hanno preso d’assalto il suo ufficio nella capitale, Colombo.

L’immagine del nuovo Presidente non è mai stata delle migliori dentro e fuori il Paese. Nel 1994 è diventato leader dello United National Party quando il suo capo è stato ucciso dalle Tigri Tamil. Lui stesso è scampato per un pelo a un tentativo di omicidio quando una bomba è esplosa durante una riunione nella città di Eppawala. Wickremesinghe ha cercato di migliorare l’immagine del suo partito nominando una commissione disciplinare per sbarazzarsi dei membri corrotti. Ha cercato anche di cambiare la sua immagine personale con vari tagli di capelli per darsi un aspetto più attraente. Era di nuovo primo ministro quando la domenica di Pasqua del 2019 è stata insanguinata da attentati che hanno ucciso almeno 250 persone. Nelle ultime elezioni, il suo UNP è stato quasi spazzato via, riuscendo a mettere insieme un solo seggio, da lui occupato, quale unico rappresentante in parlamento.

Appena nominato Presidente ad interim, ha fatto l’uomo forte istituendo un nuovo comitato guidato dai capi dell’esercito e della polizia per “fare tutto ciò che è necessario” per ristabilire l’ordine. Ma la vera forza l’ha mostrata i primi di settembre quando ha fatto la prima cosa giusta da Presidente in carica a tutti gli effetti. La Corte suprema era riunita per discutere diverse istanze sui diritti fondamentali depositate per chiedere l’annullamento di una decisione presa dall’ex presidente Maithripala Sirisena nel 2019 di giustiziare quattro imputati condannati a morte per traffico di droga. Senza mezzi termini, tramite il ministro della giustizia ha informato la più alta giurisdizione del Paese che non avrebbe mai firmato condanne a morte.

Sarebbe stato un clamoroso passo indietro nella storia dello Sri Lanka dove i tribunali hanno continuato a condannare a morte per crimini gravi come omicidio, stupro e traffico di droga, ma dal 1976 non sono state mai effettuate esecuzioni. Diverse organizzazioni, tra cui l’Associazione degli avvocati dello Sri Lanka, il Center for Policy Alternatives e l’Organizzazione per la protezione dei prigionieri, avevano presentato queste petizioni sui diritti fondamentali alla Corte Suprema contro la decisione dell’ex presidente. Il ritorno all’uso della forca dopo quasi mezzo secolo avrebbe minato l’ordine pubblico del paese e i principi fondamentali del diritto internazionale. Lo Sri Lanka è famoso per le sue antiche rovine buddiste. Il buddismo è la religione predominante del Paese insieme all’induismo. Poi viene il cristianesimo. Il Capo dello Stato è un buddista, ma è stato il primo a raccogliere la preghiera del Capo della Cristianità. Con le intenzioni di preghiera per il mese di settembre, papa Francesco ha ribadito l’inammissibilità della pena capitale.

“È moralmente inadeguata. La società non deve privare chi ha commesso un crimine della possibilità di redimersi”. Francesco ha chiamato i cristiani a una mobilitazione spirituale collettiva, per far sì che in tutti i Paesi del mondo sia sradicata questa sanzione penale che – ha detto – “non offre giustizia alle vittime, ma alimenta la vendetta”. Il primo “cristiano” ad accogliere l’appello di Francesco è stato un buddista. Il Presidente dello Sri Lanka, Ranil Wickremesinghe, un “poco di buono” che il primo settembre ha fatto una cosa buona. Ha messo le mani avanti, ha preso carta e penna e ha scritto alla Corte suprema: finché sarò Capo dello Stato non sarò mai capo dei boia.