Il discorso dello Zar decodificato da uno dei più autorevoli storici italiani: Marcello Flores. Il professor Flores ha insegnato Storia comparata e Storia dei diritti umani nell’Università di Siena, dove ha diretto anche il Master europeo in Human Rights and Genocide Studies. Tra le sue numerose pubblicazioni, La forza del mito. La rivoluzione russa e il miraggio del socialismo (Feltrinelli, 2017).
Professor Flores, come decodificare il discorso alla Nazione di Vladimir Putin?
Più che il contenuto, è il luogo. In una forma da adunata di massa, sullo stile di quello che le grandi dittature del XX° secolo ci hanno fatto conoscere, Putin ha riproposto quello che aveva già detto precedentemente. Una rilettura totalmente falsificata della storia, che cerca la giustificazione a quella che viene chiamata Operazione Speciale, in un supposto genocidio che non sa neanche spiegare che cosa sia, benché la Russia abbia firmato la Convenzione contro il genocidio, che, secondo Putin, sarebbe in atto nel Donbass a cui l’azione militare russa sta ponendo fine. E’ solamente una grande occasione propagandistica per cercare di rafforzare quel consenso, che certamente Putin ha sempre avuto ma che forse era un po’ in crisi negli ultimi giorni, e allo stesso tempo dare un segnale all’interno che lui non accetta nessuna visione che non sia quella ufficiale e che tutti quelli che non ci si riconoscono, possono essere considerati non più dei russi ma dei traditori. Insomma, una grande kermesse del nazionalismo più oltranzista che però non dice nulla di nuovo rispetto a quello che in realtà Putin aveva già detto in più occasioni, dal discorso del 21 febbraio e anche prima.
Putin ha parlato al Paese nell’ottavo anniversario dell’annessione della Crimea. E ha affermato: “Sono gli abitanti che hanno fatto la scelta giusta, hanno messo un ostacolo al nazionalismo e al nazismo, che continua ad esserci nel Donbass”. Professore, perché c’è questo reiterato riferimento da parte del presidente russo al nazismo e alla “denazificazione” dell’Ucraina?
Perché non l’unica ma certamente la cosa più forte che rappresenta l’identità della Russia contemporanea e dei russi che vivono nella Federazione Russa, è la “Grande guerra patriottica” nella Seconda guerra mondiale. Che sempre più è stata vista e considerata come la vittoria militare. Quando Putin parla della Seconda guerra mondiale, parla di una grande vittoria militare. Non parla dei 20 milioni di morti, cioè di un momento di sofferenza terribile e di straordinario coraggio della popolazione, parla della grande vittoria militare. Questo richiamo, per avere forza, deve in qualche modo riprodurre il nemico di allora, cioè il nazismo. Anche se è qualche cosa di assolutamente ridicolo, quel richiamo viene utilizzato e fa parte di quella pantomima nazionalista a cui credono, o fingono di credere, i Russi e che Putin continua a riproporre.
Allo Zar del Cremlino sembra piacere vestire i panni dello storico. Perché, professor Flores?
Più che vestire i panni dello storico, gli piace essere quello che dall’alto del suo scanno di Zar, spiega cos’è la Storia. Dà la verità al suo popolo. Addirittura in questa occasione ha combinato la sua “verità” storica assoluta, che non deve essere messa in discussione, con anche la sua interpretazione della Bibbia, che è stata utilizzata per giustificare questo intervento “coraggioso” a favore degli amici, che rappresenta il massimo anche dal punto di vista religioso. E’ qualcosa che apparteneva già alla sua retorica, questa volta è riuscito a farlo in un coreografia sicuramente molto più forte. Bisogna capire quanto in Russia questo spettacolo ha successo e prende, o quanto anche mostra rispetto a quelli che hanno avuto già dei dubbi sulla guerra, delle incrinature che potrebbero nelle prossime settimane e mesi mettere più in difficoltà il consenso che Putin ha. Che certamente ancora oggi appare molto forte.
Per Vladimir Putin il futuro affonda nel passato?
Assolutamente sì. Il futuro è radicato nel passato, ma in un passato che è interpretato, rivisitato e manipolato sulla base di quelle che sono le intenzioni rispetto al futuro. C’è questa sorta di circolarità tra passato e futuro in cui non si riesce neanche bene a capire cosa venga prima, se il passato che si vuole far rivivere o se il nuovo “mondo russo”, peraltro teorizzato da personaggi assolutamente improbabili culturalmente ma a cui Putin fa un chiaro e continuo riferimento. Il cui “summa” può essere sintetizzato così: dopo l’impero zarista, dopo l’impero sovietico, una nuova grande idea di “mondo russo” che riesca addirittura a sommare e racchiudere la grandezza di tutte le “Russie” passate.