Mi stupisce osservare che lo scandalo Palamara, esploso con l’uscita del libro-bomba di Alessandro Sallusti, stia giorno dopo giorno sfumando i suoi contorni. L’attenzione mediatica sembra adesso si stia concentrando sul problema relativo alle ingiustizie subìte dai magistrati in contrasto con le correnti e sugli effetti nefasti del disallineamento ai partiti del CSM, che ha compromesso la carriera di molti giudici che oggi si sentono legittimati alla ribellione collettiva contro il sistema malato del quale fanno parte.
Si tratta di dinamiche e retroscena deprecabili, soprattutto perché il concetto di indipendenza della magistratura dovrebbe essere una precondizione assoluta, ma ciò che dovrebbe suscitare vero terrore è l’ingerenza politica nel CSM e soprattutto l’ingerenza della magistratura nella politica. Come si coniuga questa commistione di interessi con l’attività giurisdizionale, con le sentenze e con le inchieste eclatanti? Com’è possibile che non siano stati aperti fascicoli per indagare su questi fatti dettagliati nelle dichiarazioni rese da Palamara, che hanno tutte le sembianze delle confessioni di un pentito? Come si fa a non vedere chiaramente che in certi casi la legge non è uguale per tutti?
Se le rivelazioni di Palamara avessero investito politici o imprenditori ci sarebbe stata una maxi inchiesta con titoloni da Colossal americano e con centinaia di interviste pop di Pm sullo sfondo di trailer editati con effetti cinematografici.
Da giorni osservo trasmissioni televisive che ospitano Palamara ed altri magistrati i quali denunciano gli inciuci correntizi che hanno compromesso le loro carriere, ma che glissano totalmente sulla questione centrale: quanti innocenti sono stati coinvolti ingiustamente in procedimenti viziati da logiche ben lontane dalla ricerca della verità e della giustizia? Quanti leader politici sono stati perseguitati perché ritenuti nemici del sistema?
Se è realistico che “un procuratore della Repubblica con un paio di aggiunti svegli ed un ufficiale di polizia giudiziaria bravo e ammanicato con i servizi segreti insieme ad un paio di giornalisti amici hanno più potere del Parlamento, del premier e del governo”, allora l’indignazione collettiva non è affatto sufficiente. Serve un’operazione verità che rivoluzioni un sistema di potere smisurato che ha fatto e continua a fare a pezzi la nostra democrazia ed occorre urgentemente una commissione parlamentare d’inchiesta perché chi rappresenta le istituzioni democratiche ha il dovere di intervenire per preservarle. In fondo, non sarebbe peccato mortale se per una volta fosse la politica ad indagare sulla magistratura ma forse lo strumento idoneo all’assoluzione affinché la degenerazione del potere giudiziario non diventi il peccato originale.