"Libero scambio contro la recessione mondiale"
Stefania Craxi: “Trump rischia l’autogol se apre le porte Ue all’influenza della Cina”

Una guerra commerciale tra Usa e Cina «potrebbe aprire le porte a una recessione mondiale», ma Stefania Craxi indossa le lenti della fiducia: la presidente della Commissione Affari esteri e Difesa del Senato, in quota Forza Italia, ritiene che si debba riprendere in mano l’idea «di un partenariato di libero scambio tra le due sponde dell’Atlantico».
Lo scorso sabato si è svolto il Consiglio nazionale di Forza Italia. Che ruolo si aspetta in questo contesto storico – da lei stessa definito foriero di nuovi paradigmi – dal Ppe di cui a breve si terrà il congresso?
«L’appuntamento di Valencia cade in un momento drammatico ma propizio per ragionare tutti insieme, al di là delle diverse sensibilità e dei diversi interessi, sull’Europa che vogliamo. Non sono più sufficienti professioni di un europeismo di maniera, ma occorre mettere mano a un progetto politico per l’Unione. Dobbiamo costruire quell’Europa che serve ma che ancora non c’è. È quello che mi aspetto dalla più grande famiglia politica europea che, fuori da ogni retorica, deve farsi carico di questo compito, sapendo che anche al nostro interno vi sono delle differenze. Penso al tema del debito comune per far fronte alla sfida della Difesa europea piuttosto che alla questione, ineludibile, della riforma dei Trattati».
Secondo Tajani, il tema dei dazi è un problema su cui bisogna stare attenti a non esagerare con l’allarmismo, dato che toccheranno solo lo 0,3% del PIL europeo. Lei è d’accordo?
«Antonio Tajani è stato fin dal primo momento interprete di una posizione responsabile che non ha mai significato sottovalutazione del problema, mosso com’è dall’intento di evitare un’escalation e, soprattutto, di intavolare un negoziato tra la Ue e gli Usa che non ha alternative. A destare preoccupazione non sono però solo i dazi imposti alle nostre merci: nessuno è oggi in grado né di prevedere gli scenari possibili né di quantificare le conseguenze di una guerra commerciale tra le maggiori potenze globali, Stati Uniti e Cina, che potrebbe aprire le porte a una recessione mondiale».
Nella possibilità di reagire alla sfida lanciata da Trump, lei è positiva. Che armi abbiamo a disposizione, oltre a una buona capacità produttiva?
«L’Europa è il più ricco mercato al mondo, credo che conti pur qualcosa. E parte delle nostre esportazioni, non pensiamo solo all’agrifood, non è poi così facilmente sostituibile. E poi sono persuasa che riprendere concretamente in mano l’idea, andando al di là delle contingenze, di un partenariato di libero scambio tra le due sponde dell’Atlantico sia un qualcosa che possa rappresentare un valore aggiunto nella discussione. Inoltre, l’Europa resta il miglior partner che gli Stati Uniti possano avere sul piano strategico. E se poi lo scontro con Pechino è il vero oggetto di tutta la partita, è evidente che Trump rischia un altro autogol aprendo le porte del vecchio continente all’influenza cinese e a coloro che in Europa e in Italia, vedi il M5S, da tempo non aspettano altro che consegnarci al Dragone. E lì sì che ci sarebbe da ridere sul riequilibrio della bilancia commerciale».
Quale sarebbe la peggior minaccia per un’Europa che si basa sul libero mercato?
«Non c’è un solo scenario funesto con cui fare i conti. Ma una nuova recessione mondiale sarebbe la iattura peggiore, perché si innesterebbe in un contesto geopolitico segnato da conflittualità e dalla ridefinizione muscolare degli equilibri e degli schemi di governance. Ma per il futuro, anche nel confronto con Trump, dobbiamo sapere che politica ed economia nel mondo contemporaneo tornano a essere un binomio inscindibile. Anche per questo l’Unione deve dotarsi di una soggettività politica».
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