Non accennano a placarsi le polemiche tra il Governo italiano e Stellantis. E non può essere diversamente, visto che le due parti si muovono secondo logiche e strategie completamente diverse, ma anche con velocità non paragonabili.
Da una parte Stellantis, grande azienda multinazionale, che porta avanti le sue strategie secondo una logica globale: l’amministratore delegato Carlos Tavares, altro non fa se non spingere alle estreme conseguenze quanto stabilito già a partire dall’era Marchionne in Fiat Chrysler e proseguito dopo la fusione con Peugeot e Citroen.

Se infatti, fino al 2010, Fiat era sostanzialmente concentrata sull’Europa e sull’Italia in particolare e la produzione riguardava essenzialmente il mercato di massa, la crisi economica scatenatasi a partire dal 2008 e sviluppatasi negli anni successivi, la sempre più diffusa sensibilità ai temi ambientali soprattutto in ambito europeo, le rivoluzioni tecnologiche in atto nel settore dell’auto (nuovi propulsori, autonomous driving, connettività) hanno infatti radicalmente modificato il mondo della produzione automobilistica. Si sono quindi rese imprescindibili per la sopravvivenza le aggregazioni con Chrysler (prima) e Peugeot e Citroen (successivamente), necessarie per aumentare i volumi della produzione, ottenere economie di scala ed evitare la duplicazione delle spese necessarie per sviluppare le nuove tecnologie.

La filosofia di Stellantis per contrastare la concorrenza cinese

Già Marchionne, inoltre, aveva iniziato a trasferire la produzione di veicoli per il mercato di massa su altri Paesi a più basso costo del lavoro, mantenendo in Italia la produzione di brand ad alto valore aggiunto (Jeep soprattutto, ma anche Alfa Romeo e Maserati) da esportare nel mondo ed in grado di garantire più elevati margini di profitto.
Ed è esattamente quello che oggi continua a fare Stellantis: per combattere una concorrenza molto agguerrita (soprattutto cinese) e con costi di produzione significativamente più bassi, localizza i suoi stabilimenti, soprattutto per i modelli con minori margini di guadagno, in funzione di costi di produzione ed incentivi offerti dallo Stato ospitante. Non a caso, la 600 elettrica è prodotta in Polonia e la nuova Panda elettrica sarà prodotta in Serbia, circostanza annunciata qualche mese fa e mai smentita né da Stellantis, né dal nostro Governo. In Italia rimane la produzione (a termine) della Panda vecchio tipo a Pomigliano, e della 500 elettrica a Mirafiori, quest’ultima nella misura in cui i volumi richiesti dal mercato lo consentiranno, così ha “minacciato” Tavares nell’intervista a Bloomberg. La linea di Tavares, in perfetta continuità con quanto impostato da Marchionne è chiara: l’obiettivo è sopravvivere e creare profitti per risponderne agli azionisti.

Il sogno del Governo di entrare nel capitale Stellantis e condizionarne le scelte

Dall’altra parte il Governo italiano, ma anche la Sinistra e buona parte del mondo sindacale. Che si basa su strategie e logiche tradizionali, diciamolo pure, antiche. Riproponendo, dopo un anno di gestazione, un piano incentivi per l’acquisto di auto a basse emissioni (e soprattutto auto elettriche) che ricalca quello precedente che era rimasto inutilizzato per metà. Promettendo con il ministro Urso che le misure del piano saranno “prevalentemente orientate su modelli realizzati negli stabilimenti italiani, per aumentare la produzione nazionale”, senza però spiegare come si possa pensare concretamente di orientare la scelta dell’acquirente verso un modello prodotto in Italia nel rispetto delle normative comunitarie vigenti, anche considerando la tendenza attuale che, negli anni passati, ha visto l’80% degli incentivi premiare modelli prodotti all’estero.

E ad una visione antica del problema risponde anche l’idea del ministro (subito ripresa dalla Sinistra) dell’ingresso dello Stato italiano nel capitale di Stellantis, imitando in tal senso il Governo francese, in realtà già presente nel capitale Peugeot prima della fusione tra FCA e PSA. Pensa, il ministro, di poter in tal modo influenzare le strategie del gruppo: peccato che la scorsa estate, quando il governo francese chiese di riportare in Francia la produzione della piccola Peugeot 208 elettrica, ottenne un fermo rifiuto da Tavares, proprio in nome dell’antieconomicità dell’operazione.
Insomma, due mentalità agli antipodi, due modi di pensare inconciliabili.

Scontro Stellantis-Governo, il problema è la produzione di auto elettriche che non decolla

In tutto questo, tra polemiche e minacce, si perde di vista il vero problema: il mercato dell’auto elettrica in Italia è ancora drammaticamente lento, solo 46000 persone hanno comprato un’auto elettrica nel 2023. E non è solo una questione legata al maggiore costo delle auto elettriche, cui, almeno in parte, si può ovviare con gli incentivi sul prezzo di acquisto. Il grande tema, sul quale il Governo italiano rimane indietro rispetto ai partner europei, mentre dovrebbe assumere il massimo impegno in vista delle scadenze previste per il passaggio all’elettrico da parte dell’Unione Europea, riguarda il potenziamento, anzi la capillarizzazione della rete di ricarica a livello nazionale.
Chi si accosta all’acquisto di un’autovettura, per scegliere elettrico vuole avere la certezza di poter ricaricare la batteria dell’auto rapidamente e senza difficoltà di approvvigionamento di energia.
Questo è l’unico vero incentivo, che potrà favorire l’aumento delle vendite di auto elettriche in Italia e, di conseguenza, dei volumi di produzione delle vetture in Italia. Il problema, nonostante quanto affermino alcuni rappresentanti sindacali, anch’essi rimasti ancorati a logiche antiche, non è certamente quello di saturare la capacità di produzione: nessuna azienda, tanto meno multinazionale, produce per creare invenduti. Il sistema è governato a valle, sono le vendite che trainano la produzione. Solo con l’aumento del volume di vendite di auto elettriche si avrebbe quale immediata ricaduta l’aumento dei volumi di produzione anche in Italia e si potrebbe tentare di raggiungere l’obiettivo di un milione di auto prodotte nel nostro Paese.