Tambroni decise di aprire il recinto detto “arco costituzionale” in cui era chiuso il partito neofascista Msi e chiederne i voti. Sentendosi erroneamente sdoganati, i neofascisti avevano preteso di sfidare la città di Genova, medaglia d’oro della Resistenza, convocando il loro congresso in quella città. Le conseguenze di quella scelta furono tragiche specialmente a Reggio Emilia dove il 7 luglio cinque operai iscritti al Partito comunista furono uccisi dalla polizia. Tambroni fu costretto alle dimissioni e fu sostituito da Amintore Fanfani. I missini rientrarono nel loro recinto e l’Italia antifascista fu comunque soddisfatta per aver dimostrato di saper impedire un ritorno dei fascisti nella vita politica.

Ma quei fatti allarmarono moltissimo gli alleati della Nato che avevano visto uno Stato italiano incapace di fronteggiare una insurrezione e che si era dovuto rimettere al buon senso dei vertici di quel partito per bloccare una insurrezione. Fu per questo motivo che americani e tedeschi della Germania Federale chiesero che si realizzasse un piano che rendesse efficiente un meccanismo di contenimento antirivoluzionario. Il nuovo presidente della Repubblica Antonio Segni fu coinvolto nella trattativa che portò al cosiddetto Piano Solo, creato al di fuori e all’insaputa del Parlamento repubblicano. E quel piano prevedeva “solo” i carabinieri, di cui era comandante il generale Giovanni de Lorenzo, che era contemporaneamente anche capo del servizio segreto militare Sifar.

Lo scandalo venne fuori nel 1967 quando il settimanale l’Espresso cominciò a pubblicare una serie di articoli di Lino Iannuzzi su quello che sarebbe successo nel corso di una crisi di governo di tre anni prima, quando si disse che un misterioso Piano Solo sarebbe stato attuato con misure draconiane tra cui la deportazione immediata di tutti i maggiorenti del partito comunista, del sindacato e una serie di personaggi pubblici influenti della sinistra, tutti destinati a un campo di concentramento in Sardegna, mentre speciali forze della polizia avrebbero fatto irruzione di notte “casa per casa”, come titolava l’Espresso, per rastrellare tutti coloro che potevano essere considerati pericolosi, vicini al Partito comunista. Gli articoli di Iannuzzi erano stati poi affiancati anche da articoli del direttore dell’Espresso Eugenio Scalfari sicché i due giornalisti furono rinviati a giudizio per aver diffuso notizie false e tendenziose e condannati in primo grado. Fu così che il segretario del partito socialista italiano Giacomo Mancini li salvò da un imminente mandato di cattura candidando il primo a Milano per la Camera e Iannunzi a Sapri per il Senato.

Quello che realmente accadde nel 1964 fu analizzato per anni perché non si riusciva o forse non si voleva separare la verità dall’immaginario. Si disse ad esempio che ci fu un violentissimo alterco tra il leader del Partito socialdemocratico Giuseppe Saragat (futuro presidente della Repubblica) e Antonio Segni. E che quello scontro fu talmente violento da provocare un malore al presidente della Repubblica, il quale fu ricoverato ma poco dopo morì senza riprendere i sensi. Tutto questo non è dimostrato e probabilmente fa parte della leggenda, ma comunque sta di fatto che all’insaputa del Parlamento furono creati dispositivi e furono consegnate armi a un corpo di polizia quale era allora l’arma dei carabinieri, con un piano dettagliato affidato “solo” al generale Di Lorenzo, sì che fu chiamato Piano Solo. In realtà le cose non andarono affatto così benché il Piano Solo esistesse davvero e prevedesse l’arresto dei dirigenti della sinistra – non soltanto comunisti – nel caso di una improbabile rivolta che nelle opinioni dei servizi segreti italiani e di quelli dei più importanti membri della Nato, avrebbe avuto lo scopo di instaurare in Italia un regime comunista, cosa assolutamente improbabile e anzi impossibile. Non ci fu alcun colpo di Stato, il presidente Antonio Segni non fu implicato in nessuna attività anticostituzionale, benché fosse un uomo apertamente anticomunista molto condiscendente nei confronti delle preoccupazioni degli alleati occidentali. Il Piano Solo esisteva soltanto sulla carta e non entrò mai in funzione.

Il tentato colpo di Stato invece di Junio Valerio borghese, che si svolse nella notte dell’Annunziata sicché prese il nomignolo di “colpo di Stato dell’Annunziata” fu una pericolosa buffonata di pochi cialtroni neofascisti che non si incontrarono agli appuntamenti prestabiliti benché avessero secondo loro preso possesso di alcuni ministeri e della Rai ma senza alcuna arma, perché le armi su cui contavano erano nei depositi del Ministero degli Interni e non fu possibile usarle. Nessuno si accorse al mattino dell’otto dicembre che ci fosse stato un tentativo di colpo di Stato perché non era accaduto nulla salvo una commedia tragicomica che somigliava a un film di Alberto Sordi. Più tardi, nel 1970. Junio Valerio Borghese si presentò con i suoi gaglioffi a Reggio Calabria dove rincorse la rivolta contro lo spostamento della capitale regionale a Catanzaro. Una rivolta in cui si erano inseriti molti fascisti locali, altri di Avanguardia nazionale del Fronte nazionale del principe borghese. La rivolta di Reggio Calabria aveva preso un colore rossobruno, per l’indistinguibile mescolamento di personaggi della sinistra e altri della destra, con venature romantiche e un po’ dannunziane.

La storia della magistratura di Mani Pulite, è invece una storia che si è certamente sviluppata sui due bordi opposti dell’Oceano Atlantico perché l’operazione in origine nacque in inglese come “clean hands” (mani pulite). Fu sviluppata negli Stati Uniti dove funzionava un forte pool di magistrati italiani e americani tra cui il nostro Giovanni Falcone che era considerato il leader del fronte non soltanto antimafia ma anche anticorruzione, e il procuratore speciale Rudolph Giuliani che poi diventò sindaco di New York. Gli americani, come si legge nel libro di Andrea Spiri The End, 1992-1994, specialmente i democratici, seguivano con grande attenzione quel che accadeva in Italia, un paese che sembrava dominato dalla corruzione e che avrebbe dovuto rinascere dalle sue ceneri importando al governo, essendo ormai finita la Guerra fredda, una classe dirigente formata principalmente dal Partito comunista che aveva dato buoni risultati noi governi regionali in cui governava.

Secondo un altro libro, The Italian guillotine di Burnett e Mantovani, l’operazione Mani pulite fu interamente concepita e attuata su un canovaccio americano che prevedeva la decapitazione dei partiti che nel corso della guerra fredda avevano governato in maniera ambigua e ostile. Da quanto è stato rivelato dal libro postumo di Enzo Carra, L’ultima Repubblica e anche da quanto anche da quanto ha raccontato Bobo Craxi sulle vicende del padre, i magistrati del Pool avrebbero adottato una linea apertamente illegale che mirava alla sostituzione e alle dimissioni degli uomini politici concedendo in cambio l’impunità penale. Questa linea però non funzionò almeno nei livelli più alti perché politici di gran nome come Bettino Craxi preferirono andarsene a morire altrove. Sta di fatto che quell’azione fu la causa della decapitazione di tutti i partiti tradizionali. Poi avvenne l’imprevisto gioco di prestigio dell’imprenditore Silvio Berlusconi che impedì l’esito finale dell’operazione.

2- FINE (La prima puntata è stata pubblicata sul numero di ieri)

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.