La trasformazione
Storia della prescrizione in Italia: il riassunto di una metamorfosi

Pochi sanno che la prescrizione è un problema esclusivamente italiano, perché il nostro è l’unico ordinamento, almeno in Europa, in cui opera il principio di obbligatorietà dell’azione penale. Di qui l’immissione ogni anno nel sistema giudiziario di circa un milione e mezzo di nuovi procedimenti penali, che genera un flusso di oltre tre milioni di procedimenti circolanti insostenibile per qualunque apparato giurisdizionale. È dunque inevitabile che un sistema giudiziario siffatto ricorra a rimedi altrettanto “potenti” per espungere i procedimenti che non riesce a trattare. In origine i meccanismi erano due.
Prescrizione ed Amnistia
La prescrizione, come automatica causa di estinzione del reato legata al decorso del tempo, che operava assai di rado se non per i reati minori come le contravvenzioni. L’amnistia, una causa di clemenza che ciclicamente interveniva a sgombrare i tavoli delle Procure dai fascicoli riguardanti i reati meno gravi, ma più ricorrenti, ridando fiato alla macchina.Sennonché nel 1992 l’insensata riforma dell’art. 78 Cost., riguardante le cause di clemenza, ha di fatto eliminato la possibilità di adottare questa seconda misura. Così, da allora, è rimasta solo la prescrizione a sopportare il peso dello “spurgo” dei procedimenti in ritardo. Con la conseguenza che in pochi anni si ottenne un risultato tanto disastroso quanto paradossale: l’esponenziale incremento delle dichiarazioni di prescrizione e il contestuale allungamento dei tempi del processo penale, chiamato a occuparsi simultaneamente di un numero di procedimenti ingestibile. Una situazione tale da scontentare tutti: sia coloro che percepiscono la prescrizione come una forma di denegata giustizia, sia gli imputati e la Corte europea dei diritti dell’uomo che condannò a più riprese l’Italia per superamento della durata ragionevole del processo penale. Il rimedio a tutto ciò, attuato nell’arco di vent’anni, fu la trasformazione della prescrizione da automatica causa di estinzione del reato a discrezionale causa di clemenza. Con l’unica fondamentale peculiarità che ora la discrezionalità non è più esercitata dal Parlamento, stante i vincoli dell’art. 78 Cost., bensì è tutta nelle mani della magistratura.
Le tappe
Ecco in breve le tre tappe principali di questa palingenesi. Nel 2000 le Sezioni Unite De Luca, smentendo un loro indirizzo dell’anno precedente (S.U. Piepoli del 1999), sostennero che la prescrizione non rilevi nel caso in cui il ricorso in Cassazione sia inammissibile. L’effetto fu la sostanziale scomparsa della prescrizione in sede di legittimità. È sufficiente, come accade usualmente, che la Corte Suprema dichiari inammissibile il ricorso, per ragioni che non è tenuta a motivare e che sostanzialmente coincidono con la volontà di negare la prescrizione, affinché quest’ultima non operi. In pratica, dal 2000 ad oggi è come se il terzo grado di giudizio sia stato espunto dal computo dell’intervallo estintivo. Prova ne sia che i giudizi di appello vengono fissati anche pochi giorni prima dello spirare della prescrizione, ben sapendo che poi, in caso di condanna, mai la Cassazione si azzarderà a travolgerla solo per il superamento del termine estintivo. Nel 2005 la riforma Cirielli consegnò la prescrizione nelle mani delle Procure della Repubblica e del Giudice di primo grado. Un risultato che si ottenne accorciando drasticamente la durata dell’intervallo estintivo per la maggior parte dei delitti che superano i cinque anni di massimo edittale e che costituiscono la magna pars del diritto penale. Per essi il codice del 1930 prevedeva infatti una prescrizione pari a 10 anni, che diventavano 15 con le cause di interruzione. Con la riforma del 2005, gli stessi reati furono soggetti a un intervallo estintivo di soli 6 anni elevabili a 7 anni e mezzo con le cause di interruzione (salvo per i recidivi). Allineando così la durata della prescrizione con il tempo usualmente occupato dall’indagine preliminare e dal processo di primo grado, è divenuto agevole per un sostituto procuratore rallentare o congelare un’indagine “non gradita” per mandarla al macero della prescrizione senza temere alcuna conseguenza o senza che intervengano seri strumenti correttivi. Lo comprova il fatto che dal 2005 oltre il 50% delle prescrizioni si registra nella fase delle indagini preliminari, dove le difese non svolgono alcun ruolo; mentre un altro 15% matura in primo grado, dove il giudice detiene un’altra incondizionata e consistente porzione di discrezionalità clemenziale: che si esercita in primis tramite la calendarizzazione dei procedimenti e delle udienze, ma altresì riconoscendo o meno la recidiva contestata oppure, da qualche anno, tramite il riconoscimento o meno della continuazione.
Restava il giudizio di appello, su cui finirono per concentrarsi le ire dei detrattori della prescrizione, la quale, in questa fase, fisiologicamente si abbatte anche su ipotesi di condanna (beninteso: interlocutorie e solo potenziali). Detto però che anche questo risultato è sempre da ascrivere unicamente alle Procure e ai Tribunali dove si accumulano i ritardi (prova ne sia che il grosso della prescrizione in appello si concentra in quattro Distretti evidentemente disorganizzati, mentre altri Distretti importanti, come Milano, hanno tassi di prescrizione in appello quasi trascurabili), a questa fase ci pensò nel 2021 la riforma Cartabia con il nuovo meccanismo della improcedibilità del giudizio di impugnazione per superamento del termine di due anni in appello e uno in Cassazione; un istituto talmente ingarbugliato da risultarne controversi sia la natura che gli effetti. Quel che è certo è che la disciplina è costellata da snodi discrezionali − a partire dalla determinazione del dies a quo, sino alla disciplina della proroghe – e così numerosi, articolati e incentrati su presupposti vaghi da rendere l’improcedibilità ad appannaggio dalla stessa Autorità le cui tempistiche operative si pretenderebbe di contenere. Come che sia, ben può dirsi che con la Riforma Cartabia la trasformazione della prescrizione abbia trovato il suo definitivo compimento. Da causa di estinzione del reato, essa è divenuta a tutti gli effetti una causa di clemenza discrezionalmente gestita dalla magistratura. E chi ancora tira in ballo fantasiosi poteri della difesa che sarebbe in grado di sabotare il procedimento sino a raggiungere callidamente il termine di prescrizione, o è in malafede o non sa di cosa parla.
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