Circa dieci anni fa il sindaco di Marina di Gioiosa (Rc), Rocco Femia, veniva arrestato assieme ad altre persone nell’ambito dell’inchiesta denominata “Circolo formato”. Qualche tempo dopo il consiglio comunale veniva sciolto. E tanto per abbondare, successivamente, sciolto di nuovo. Quasi tutti gli indagati, tra cui molti amministratori, sono finiti in carcere con l’accusa di associazione mafiosa. Passano i giorni, quindi i mesi e gli anni.

Al processo di primo grado l’impianto accusatorio regge, e ciò ha stimolato l’aggressività e l’ istinto inumano e forcaiolo che ha finito per mettere sotto accusa il nostro garantismo contrabbandato come contiguità alle associazioni criminali. Sono stato sempre consapevole di quanto il garantismo sia una posizione difficile da sostenere soprattutto in terra di mafia.

Oggi ci limitiamo a sintetizzare e pubblicare quanto abbiamo scritto molti anni fa su Riviera e Il Garantista: «Confermo e ribadisco: Rocco Femia… e tanti altri insieme a lui, è in carcere da circa mille giorni. Sconta una pena senza condanna. Non mi pare si tratti di un killer o di una persona che possa sparare all’impazzata. Non mi sembra sia accusato di omicidio, di strage o di stupro e neanche di episodi di violenza. È un mafioso? Non ho alcun elemento per escluderlo, lo si dimostri in processo giusto ed equilibrato. Molti invece accusano noi e considerano normale quanto avviene. In nome della legge tutto è consentito. Bene, proprio in casi come questo bisogna avere il coraggio di dire: sia pur tutti, io no. Non considero normale che una persona, chiunque sia ed ovunque abiti, venga tenuta in carcere senza una sentenza definitiva. Non è in discussione solo la libertà di singole persone, bensì i principi fondamentali della nostra Costituzione. Non ho alcuna simpatia né debolezza per la ‘ndrangheta né per gli ‘ndranghetisti. Non li ho mai avuti tra i miei amici. Proprio per questo penso che la lotta alla ‘ndrangheta comporti il rispetto assoluto per la persona umana. Considero un delitto sfruttare la giusta ansia di sicurezza e le paure dei cittadini per costruire monumenti di odio e di ingiustizia…».

Sono passati dieci (10!) anni. Dopo che l’inchiesta “Circolo formato” era già caduta in mille pezzi in appello, la Cassazione ha definitivamente assolto Rocco Femia. Il mio discorso potrebbe chiudersi qui e non l’avrei modificato d’una virgola neanche se Rocco Femia fosse stato condannato.

È stato assolto e ho piacere per lui, la sua famiglia e il suo paese, per quanti credono nella giustizia giusta.

Mi auguro che qualcuno troverà un momento di tempo per riflettere su quanto è avvenuto. Non giudico quanti sono rimasti in silenzio e neanche quanti hanno gridato al “crucifiggi”. Ma consentitemi di rivendicare quella frase scritta dieci anni fa: “Sia pur tutti, io no”. E non c’è nulla di eroico in chi è convinto di doversi impegnare con tutte le sue forze per difendere la Costituzione e l’integrità della persona umana. Chiunque sia!