Tirarono su il Muro di Berlino, nell’agosto del 1961, fra la gente che urlava vedendo che non sarebbe potuta tornare a casa. Gli innamorati furono divisi, i genitori dai figli, i vecchi restarono alla finestra a guardare mentre i “Vopo” (Volken polizei, polizia del popolo) della Repubblica Democratica tedesca costruivano in fretta e furia barriere di cemento per sbarrare la strada ai berlinesi impazziti per la disperazione, che cercavano di fuggire o tornare a casa. Per capire questa storia bisogna ricordare quel che era accaduto dopo la sconfitta del 1945 ai tedeschi vinti. La Germania era stata suddivisa in due Stati: uno sotto il controllo sovietico e l’altro integrato nel sistema occidentale.

Berlino, che si trovava all’interno della Germania comunista, era a sua volta divisa in due zone: quella occidentale, governata con libere elezioni e uno stile di vita europeo, e quello sovietico. I tedeschi della Rdt da anni fuggivano in massa dalla zona comunista e Nikita Krusciov, il successore di Stalin, decise di metter fine a questa emorragia con un muro, dividendo secondo le linee della suddivisione militare i cortili e le strade, senza preavviso né pietà. Quel muro restò in piedi per ventotto anni, fin quando l’ultimo Segretario generale del Partito comunista sovietico Michail Gorbaciov decise di metter fine alla vergogna di quella barriera, che fu demolita come tutti sappiamo a furor di popolo. Ma nel 1961 nessuno aveva mai sentito parlare di muraglie che dividessero città, separando le famiglie, benché esistessero allora come oggi due Coree e due Vietnam, oltre alle due Germanie. L’Unione Sovietica era all’apice della sua potenza e anche del suo prestigio.

Nel 1961 l’Urss spedì il primo uomo nello spazio: le foto di Jurij Gagarin con la sua avveniristica tuta da esploratore spaziale con i simboli della falce e martello, dominarono le prime pagine dei giornali di tutto il mondo. Si ripeté lo straordinario fenomeno di stupore, timore e ammirazione già visto con il lancio del primo satellite artificiale sovietico Sputnik. I russi sembravano largamente avanti rispetto agli americani e le loro imprese spaziali erano interpretate ovunque come il prodotto di un sistema culturale, scolastico e anche economico, vincente. Possiamo azzardare forse oggi un paragone con ciò che accade in Cina, dove la tecnologia sembra essere più sviluppata di quella americana e la potenzialità cinese, oltre che la sua reale attuale potenza, sembra avere prospettive ineguagliabili. Il mondo si stava abituando al fatto che tre personalità si stavano affermando come autentici leader: il segretario sovietico Nikita Krusciov, il Presidente americano John Kennedy e Papa Roncalli che aveva assunto l’inconsueto nome di Giovanni XXIII.

Tutti si rendevano conto che il mondo era sempre sul ciglio del baratro, che una guerra nucleare era sempre più probabile, e che tuttavia si poteva lavorare molto sullo stato delle cose per impedire che la catastrofe arrivasse. E così, miracolosamente, accadde. La catastrofe non ci fu e noi siamo ancora qui a raccontarla. Gli Stati Uniti stavano attraversando una brusca crisi interna per la questione dei diritti civili degli afroamericani che erano ancora sottoposti nel Sud alle cosiddette “Leggi di Jim Crow”. Queste consistevano nell’apartheid delle persone di colore come in Sud Africa. I neri erano liberi da circa un secolo, ma segregati. Avevano combattuto per il loro Paese in due guerre mondiali, si erano imposti nella musica e nello sport, nella letteratura, ma negli Stati governati dai democratici – oggi sembra un paradosso, ma è così – vivevano vite separate e umilianti rispetto alla società dei bianchi. John Kennedy, il primo presidente cattolico e dunque non “Wasp” (sigla che sta per bianco, anglosassone e protestante) era deciso a distruggere il sistema della segregazione a costo di mandare l’esercito a scortare i bambini neri a scuola insieme ai bianchi, cosa che poi realmente avvenne anche se a realizzarla fino in fondo fu il suo successore e allora vice Lyndon Johnson, dal momento che Kennedy fu assassinato a Dallas alla fine del ‘63.

L’era kennediana era cominciata sotto una cattiva stella perché proprio nel 1961 fu tentata la fallimentare invasione di Cuba degli esuli anticastristi armati ma non protetti dagli americani. Il piano era stato approvato dal presidente Eisenhower, quando l’America si era sentita provocata e scioccata dalla decisione di Fidel Castro di imboccare una via rivoluzionaria vicina a quella sovietica e antiamericana. In realtà Fidel aveva tentato in tutti i modi di ottenere dagli Stati Uniti prestiti sostanziosi per far decollare l’economia cubana, sottratta al giro delle case da gioco e dei bordelli che aveva prosperato sotto la presidenza di Fulgencio Batista e dei suoi amici legati alla mafia italiana. Così, Kennedy non seppe o non volle dire di no al tentativo degli esuli anticastristi, ma proibì qualsiasi appoggio militare americano. Fu in questo modo che l’avventura si concluse in un disastro: gli esuli cubani sbarcarono alla Baia dei Porci dove trovarono ad attenderli le truppe regolari cubane che li uccisero o catturarono tutti.

Quello fu l’ultimo atto di una politica sciagurata che poi ebbe come conseguenza mozzafiato la crisi dei missili e la più grave crisi che portò il mondo a un passo dalla guerra. Proprio in queste settimane Mario Vargas Llosa, premio Nobel per la letteratura ed ex Presidente peruviano, anticomunista e liberale, ha scritto un romanzo – Tiempos recios (Tempi duri) – in cui racconta i mille tragici e deplorevoli errori commessi dagli Stati Uniti nell’America Centrale e nei Caraibi, a partire da un inutile golpe nel 1954 in Guatemala. Quegli errori furono certamente una delle cause della conversione di Fidel Castro da libertario a comunista sempre più ortodosso, fino a consentire che sul suolo cubano i sovietici creassero basi di lancio per missili che minacciavano gli Stati Uniti a un passo dalla Florida.

In Italia si parla (e si urla, ci si insulta con profonda ira) su un tema che sta maturando: il centrosinistra. Ovvero, l’ingresso dei socialisti del Psi di Pietro Nenni (che fino ad allora erano stati chiamati “socialcomunisti”) nella vagheggiata “stanza dei bottoni” (definizione di Nenni) aprendo a sinistra, sulla scia dell’enciclica papale “De rerum Novarum”. Amintore Fanfani e Aldo Moro, detti anche “i cavalli di razza della Dc” si inseguivano nella competizione per conquistare la mano dei socialisti. Negli anni successivi sarebbe accaduto il grande evento, ma già nel 1961 era un tema rovente. E lo era perché non si sapeva come l’avrebbero presa gli americani. E come l’avrebbero presa i russi. E il Pci di Palmiro Togliatti (che la vedeva malissimo).

A quell’epoca nessuno ancora sapeva che la grande decisione di accogliere i socialisti nenniani (con falce e martello sovrapposti al vecchio simbolo del sole che sorge su un libro aperto) stava maturando proprio alla Casa Bianca, al Dipartimento di Stato e alla Cia, come poi molti documenti pubblici e pubblicati hanno dimostrato, cosa che in Italia era vietato dire e persino supporre. Io personalmente ho vissuto quell’avventura proprio nel nodo di congiunzione segreto, o meglio coperto, tra Italia e Stati Uniti. Ero uno studente e collaboravo con varie pubblicazioni per raggranellare un po’ di sostentamento e proprio attraverso il Partito socialista cui ero iscritto arrivai a uno straordinario settimanale che si chiamava Il Punto della Settimana, diretto da Vittorio Calef e cui collaboravano fra gli altri, Robert Kennedy fratello del presidente John, Pietro Nenni, Francois Fejto, pezzi del giornalismo comunista dissidente fra cui Alberto Jacoviello e una foresta di grandi firme.

Quella rivista e alcune altre simili costituivano i lavori di preparazione di questo avvenimento incredibile: i socialisti italiani, alleati storici dei comunisti, stavano trattando per entrare nel Governo insieme a democristiani, socialdemocratici, repubblicani e liberali. La Cia a quell’epoca era un’agenzia che oltre allo spionaggio vero e proprio usava l’arma culturale come strumento di penetrazione e di scontro con i sovietici. In quell’anno e nei successivi si svolgeva in Italia uno scontro violento nella cultura di sinistra e specialmente nelle arti figurative, tra modernisti favorevoli all’astrattismo e ortodossi di sinistra dediti al realismo socialista.

La Cia sponsorizzava proprio nel 1961 e poi negli anni seguenti la promozione dei grandi pittori dell’astrattismo americano quali Jackson Pollock, Mark Rothko e gli altri di quella magnifica e controversa filiera. In Italia tutti gli artisti che erano stati fascisti dichiarati durante il Ventennio – praticamente tutti se si esclude Carlo Levi e, dopo le leggi razziali, Mario Mafai che aveva sposato una geniale artista ebrea lituana – guidati da Antonello Trombadori che era sia pittore che comandante partigiano e dirigente comunista, fecero atto di contrizione per le tentazioni astratte e si schierò con il realismo socialista imposto da Palmiro Togliatti. Ma non si trattava evidentemente di sciocche diatribe sull’arte.

La Cia aveva intrapreso da tempo un’operazione di contrasto intellettuale in Europa e specialmente sulla Biennale di Venezia e sul mercato artistico. L’apertura a sinistra in Italia era un tema che coinvolgeva tutto: economia, letteratura, politica, ideologia, religione (“Ma per caso, questo Papa è comunista?”). Il kennedismo stava portando i suoi primi frutti e tutto l’asse politico ruotava allora intorno al privilegio che aveva il nostro Paese, considerato la “frontiera e cerniera” fra Est ed Ovest, con i comunisti più intelligenti e gli anticomunisti incoraggiati dai nuovi americani che sembravano gente brillante. Del resto definivano se stessi come “egghead” ovvero “teste d’uovo”, calve forse ma con molto cervello.

CRONOLOGIA DEGLI EVENTI DEL 1961

3 gennaio – Il Presidente americano Eisenhower annuncia la rottura delle relazioni diplomatiche tra Stati Uniti e Cuba.

17 gennaio – A Elisabethville viene assassinato l’ex Primo ministro congolese Patrice Lumumba.

20 gennaio – John F. Kennedy presta giuramento come 35° Presidente degli Stati Uniti d’America.

11 aprile – Bob Dylan debutta a New York.

12 aprile – Jurij Gagarin è il primo uomo nello spazio.

17 aprile – Esuli cubani, addestrati in Guatemala dalla Cia, invadono Cuba ma vengono respinti nella Baia dei Porci dalle Forze armate rivoluzionarie di Fidel Castro.

29 aprile – Viene fondato in Svizzera il Wwf.

15 maggio – Papa Giovanni XXIII promulga l’enciclica Mater et Magistra.

25 maggio – Kennedy annuncia l’inizio del Programma Apollo, finalizzato allo sbarco sulla Luna.

28 maggio – Peter Benenson lancia un appello a favore dell’amnistia per due giovani arrestati a Lisbona durante la dittatura di Antonio Salazar. La campagna di sensibilizzazione attrae migliaia di sostenitori e sfocia due mesi più tardi nella costituzione di un movimento per i diritti umani: Amnesty International.

31 maggio – Leonard Kleinrock, ricercatore del Mit, pubblica il primo articolo sulla commutazione di pacchetto, la tecnologia che sarà alla base di internet.

12 giugno – Un gruppo di terroristi compie in Alto Adige una serie di attentati dinamitardi. È la cosiddetta Notte dei fuochi.

2 luglio – Lo scrittore Ernest Hemingway si uccide con un colpo di fucile a Sun Valley, Idaho.

13 agosto – L’esercito della Repubblica Democratica tedesca inizia la costruzione del Muro di Berlino.

7 ottobre – A Parigi, un’imponente manifestazione pacifica, sostenuta da circa 30.000 algerini, viene repressa nel sangue dalla polizia su ordine dell’allora prefetto Maurice Papon. Le fonti ufficiali cercheranno di minimizzare l’evento e, ad oggi, non è ancora conosciuto il numero effettivo di morti, centinaia, e dispersi, migliaia.

25 ottobre – A Berlino, il dispiegamento di carri armati statunitensi e russi, da una parte e dall’altra del Muro, surriscalda una situazione già estremamente tesa.

30 ottobre – L’Unione Sovietica porta a compimento il lancio della Bomba Zar, avvenuto sull’isola di Novaja Zemlja, a nord del Circolo polare artico. È la più potente esplosione nucleare di tutti i tempi, circa 3.000 volte superiore a quella di Hiroshima.

11 dicembre – Gli Usa intervengono nella guerra del Vietnam.

15 dicembre – Viene emessa a Gerusalemme la sentenza di condanna a morte per il criminale nazista Adolf Eichmann.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.