Sarebbe una sventura
Strage Bologna, il fascista De Angelis non deve dimettersi altrimenti si cadrebbe sotto la tirannia delle opinioni obbligatorie
Nel Si&No del Riformista spazio al dibattito scatenato dalle parole di Marcello De Angelis, portavoce della regione Lazio, sulla strage di Bologna: dovrebbe dimettersi? Favorevole il deputato dem Andrea Casu secondo cui il passo indietro di De Angelis “è un atto di codardia della destra che rilancia falsità giudiziarie e storiche“. Contrario il giornalista e scrittore Paolo Guzzanti. “Il fascista De Angelis non deve dimettersi altrimenti si cadrebbe sotto la tirannia delle opinioni obbligatorie” il suo pensiero.
Qui il commento di Paolo Guzzanti:
Sarebbe una sventura, sia democratica che antifascista, se il fascista Marcello De Angelis fosse costretto a dimettersi dal suo posto di portavoce della Regione Lazio per le opinioni da lui espresse sul ruolo degli attempati neofascisti Francesca Mambro, Giusva Fioravanti e Luigi Ciavardini. De Angelis viene anche lui dal cuore nero fascistissimo, del vecchio Movimento Sociale Italiano. Ha espresso un giudizio che non è né vero né falso, né buono né cattivo ma un’opinione nata da un dubbio legittimo. È consentito esprimere dubbi anche controversi su sentenze che dichiarano la natura ideologica di un reato come la strage di Bologna definita “di chiara matrice fascista”? Noi pensiamo di sì perché altrimenti si cadrebbe sotto la tirannia delle opinioni obbligatorie come si faceva nei paesi fascisti e come si fa ora in quelli comunisti dalla Cina a Cuba. Ieri De Angelis ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma di rispettare le sentenze, rivendicando il diritto alle “opinioni influenzate dalla mia storia”: una richiesta che sa più di tifoseria (“sapete come la penso”) di diritto di espressione.
Per quanto riguarda la strage di Bologna, sarebbe un buon servizio che la giustizia renderebbe all’intera comunità verificando se le sue opinioni sulla non colpevolezza di Mambro, Fioravanti e Ciavardini, fossero o non fossero sensate. La magistratura ha ritenuto opportuno etichettare come di sicura origine fascista la strage del 2 ottobre 1980 il cui possibile movente fa acqua da tutte le parti. E dunque è piuttosto prepotente e illiberale mettere alla gogna o al rogo chiunque osi mettere in dubbio parti di quella sentenza. Da democratici e liberali desidereremmo vivere in un paese in cui chiunque possa pensare scrivere e parlare come gli pare. Nei soliti limiti di legge. Nel caso di De Angelis, invece, la tempesta si è scatenata sotto forma di anatema quando ha osservato che i tre terroristi neri condannati per Bologna avevano già accumulato due ergastoli per altri delitti rivendicati con orgoglio. Inoltre, se i tre ergastolani avessero preso parte alla strage di Bologna, dichiarandosi colpevoli, avrebbero tratto una serie di benefici giudiziari sulle precedenti condanne. Invece i tre si impuntarono dicendo di non avere alcuna intenzione di accollarsi delitti non loro. Il dubbio sulla loro partecipazione non ha nulla di irragionevole. E in più appare molto fragile la complicatissima la costruzione del movente e del mandante individuato nel vecchio e fantasmatico Licio Gelli.
Si diceva ieri che Giorgia Meloni fosse di pessimo umore con De Angelis perché, per un motivo o per l’altro, non passa settimana che non venga fuori, accompagnato dal rullo dei tamburi dell’opposizione, qualche evento, commento azzardato o frase infelice che catapulti di nuovo al centro dell’attenzione il cuore nero ovvero fascista del governo, cuore nero di cui tutti si vorrebbero silenziosamente liberare. In questa partita gioca un ruolo molto attivo l’opposizione che vive della caccia a tutti gli indizi utili per rievocare il clima di fuoco degli anni ’70. È passato più di mezzo secolo e che adesso De Angelis debba perdere il posto di capo della comunicazione della Regione Lazio, per un finto furor di popolo, a metà strada fra il maccartismo americano e la caccia alle streghe, è inaccettabile. La Repubblica nata dalla Resistenza tutela la libertà di opinione e specialmente delle opinioni controverse e persino scandalose.
Le sentenze si rispettano, ed è vero, purché si convenga che si tratti di lavori non esenti da errori e di possibili correzioni. Non devono essere i marchi ideologici a dettare le regole.
La verità emersa finora non sembra includere la risposta a tutte le domande né sciogliere tutte le contradizioni. Ma per il caso De Angelis è urgente prima di tutto dare una riposta liberale e repubblicana a chi chiede tagli di teste e purghe, e ci auguriamo che il buon senso liberale prevalga e che Marcello De Angelis resti al suo posto alla Regione Lazio.
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