Il caso Verbania
Strage del Mottarone, cosi il Pg di Torino ha intimidito il presidente del tribunale per far rimuovere la gip garantista
Le inchieste giudiziarie, di norma, hanno tre protagonisti: l’accusa, la difesa e il Gip (che è il giudice delle indagini preliminari). Il Gip dovrebbe essere imparziale, terzo, e cioè dovrebbe evitare che una delle due parti in conflitto soverchi l’altra aggirando le norme e le leggi. Domanda: che succede se il capo degli accusatori impone al capo dei giudici di sostituire un Gip perché sta sì rispettando la legge ma senza accogliere i desideri dell’accusa? Succede che la giustizia scompare. Diventa inquisizione.
È vero che nella realtà della giustizia vissuta, quasi sempre il Gip esegue gli ordini del Pm. Che è un suo collega e spesso un suo amico. Raramente è davvero terzo. Ed è per questo che si chiede la separazione delle carriere: per dividerli. Però una cosa è l’usanza, degenerata, una cosa diversa è la spavalderia di una pressione esercitata in modo diretto e prepotente proprio contro uno dei pochi Gip che si è mostrato seriamente terzo. A Verbania, nonostante le smentite del procuratore generale di Torino, è successo esattamente questo. Una Gip era entrata in contrasto con il Pm, il Pm ha protestato, il Procuratore generale (cioè il capo dei Pm di tutto il Piemonte) si è scagliato contro la Gip sgradita e ha quantomeno “suggerito” al presidente del Tribunale di sostituirla, Il presidente del Tribunale ha eseguito e la Gip, troppo rispettosa delle leggi, è stata rimossa.
La vicenda la conoscete tutti, è quella dell’inchiesta sulla tragedia della funivia di Stresa, crollata nella valle con 15 persone a bordo, delle quali 14 sono morte. Cioè tutte tranne un bambinetto. È partita l’inchiesta, sotto una incredibile pressione popolare e di mass media: “prendete i responsabili, incarcerateli, puniteli in modo esemplare”, è stato il grido unanime. Tre persone sono state arrestate ma la Gip ha osservato che non c’erano i requisiti minimi che consentono l’arresto. Per almeno due di loro. Uno l’ha mandato libero, l’altro ai domiciliari. A questo punto si è scatenato l’inferno ed è intervenuto il Procuratore generale. Il quale nei giorni scorsi ha negato di avere chiesto la rimozione della Gip e ha sostenuto di essersi solo preoccupato della incolumità della giudice.
Però il 22 giugno si è riunito il Consiglio Giudiziario del Piemonte (che è l’organo regionale di autogoverno dei magistrati, una specie di Csm territoriale), ha interrogato la Gip rimossa, Donatella Banci Buonamici, e ha esaminato le carte a disposizione. È saltata fuori la mail inviata dal procuratore generale di Torino, Francesco Saluzzo, al presidente del Tribunale di Verbania, Luigi Montefusco, ed è una mail che inguaia il Pg. Risulta che quello che lui ha dichiarato quando si è diffusa la voce di un suo intervento non era la verità. Nella mail ci sono accuse pesanti verso la dottoressa Banci Buonamici, e la mail risulta palesemente come un pressante consiglio di sostituirla. Cosa che poi è avvenuta.
Il presidente del Tribunale di Verbania, Montefusco, in realtà in un primo tempo aveva lodato il comportamento rigorosissimo della Gip. Poi aveva cambiato atteggiamento. Aveva chiamato la Gip per chiederle di trovare un modo per non concedere l’incidente probatorio chiesto dalla difesa, e poi in varie occasioni aveva fatto notare alla Gip che la sua carriera sarebbe stata danneggiata se si fosse messa di traverso. Questo cambio di atteggiamento è dipeso dall’intervento del Pg di Torino? Noi sappiamo con certezza che la Gip ha invece accolto la richiesta di incidente probatorio -respingendo le pressioni – ma questa richiesta è stata rifiutata dal cancelliere con una motivazione sorprendente: “Lei, dottoressa, è stata rimossa”. La Gip non era stata avvertita del provvedimento, gliel’ha detto il cancelliere.
Ora tutto il materiale è stato trasferito al Csm, che dovrà esaminarlo e stabilire come procedere. Sicuramente a Verbania è stato leso l’equilibrio tra procura e tribunale, che è un cardine della Costituzione e dello stato di diritto. Il Csm potrà chiudere un occhio, come fa spesso, e dire che in fondo in quella richiesta non c’era violenza, e gettare ancora polvere e polvere e polvere e macerie sotto il tappeto? Difficile, stavolta. Il dottor Saluzzo, cioè il Pg di Torino, è un personaggio piuttosto noto. Spesso apprezzato. Ma anche molto criticato. Difese in modo impegnatissimo, ad esempio, la decisione della procura di Torino di arrestare Nicoletta Dosio, una donna di 73 anni condannata a un anno di prigione senza condizionale per avere partecipato a una manifestazione non violenta contro la Tav della val di Susa.
Nicoletta passò mesi e mesi in carcere. E aveva creato polemiche anche con una presa di posizione di segno opposto, quando difese i migranti durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario, lanciando il grido verso le istituzioni insensibili al fattore umano: “pietà l’è morta”. Difficile dire se Saluzzo è una toga di sinistra o di destra. Diciamo che è una toga convinta che la toga sia al di sopra di tutto, che un Pg possa permettersi di spedire una mail per intimidire un presidente del Tribunale, che la giustizia sia un affare dei Pm duri e puri e che bisogna tenere alla larga i garantisti, cioè quelli che mettono le regole e la legge al di sopra della necessità di fare prevalere l’accusa sulla difesa e il bene sul male. Non è in minoranza, Saluzzo, tra i suoi colleghi. Che in gran numero si oppongono al referendum sulla separazione delle carriere e sulla creazione di due distinti Csm. Si capisce.
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