C’è una informazione confermata, poi passata in secondo piano, che è invece essenziale per chiarire la catena dei mancati soccorsi alle persone affogate a pochi metri dalle coste di Cutro. C’è stata una strage. Non si possono negare informazioni su una omissione omicida. Chiediamo alla Guardia costiera, una ennesima volta, di non tenere notizie per sé. È un dato acclarato che all’alba di sabato 25 febbraio, alle quattro e cinquantasette, il Mrcc di Roma, il Centro di coordinamento delle capitanerie di porto, invia una allerta distress, che vuol dire “nave in possibile pericolo”, a tutte le imbarcazioni nell’area dello Jonio.

Alle 4 e 57. Sono 17 ore prima dell’avvistamento del caicco “Summer love” con «forte rilevazione di estesa area di calore sottocoperta» da parte dell’aereo Eagle1 di Frontex, l’Agenzia europea che pattuglia il mare dal cielo. Sono quasi 24 ore prima del naufragio. (La notizia dell’allarme diramato dall’Mrcc è stata data, e mai smentita, da Sergio Scandura di Radio radicale). A cosa si riferiva quell’allerta? Da chi l’Mrcc aveva avuto segnalazione? La Guardia costiera, nelle cui mani è l’Mrcc, continua a non spiegarlo. Ed è fondamentale che lo faccia per chiarire innanzitutto il suo comportamento nelle 24 ore successive. «Una stazione radio italiana ha ricevuto un mayday (un sos ndr) riguardo una barca in pericolo. Tutte le imbarcazioni nell’area dello Jonio stiano in allerta» ordina il dispaccio inviato tramite InmarSat C. In quel dispaccio sta scritto pure che l’Mrcc ha aperto in quel momento (24 ore prima del naufragio) un evento Sar con il numero 384. Si tratta dell’atto burocratico con cui si apre la procedura per un salvataggio.

La guardia costiera non ha ancora spiegato se quell’evento Sar 384, dopo averlo aperto, l’ha chiuso. E, in caso, come l’ha chiuso e perché. È fondamentale saperlo. È arrivata forse un’altra barca di cui non è stata data notizia? Questo non risulta a nessuno. Le barche non evaporano. Non è stata individuata nessuna altra imbarcazione? È possibile che a lanciare la richiesta di aiuto sia stata una delle persone poi naufragate a Cutro? Ipotizziamo pure che, nel caso in cui l’allarme alla radio italiana sia arrivato via VHF, difficilmente si poteva trattare dell’allarme lanciato da uno di quei profughi a quell’ora forse ancora troppo lontani perché una radio potesse ricevere l’allarme via VHF. Non dimentichiamo peró che i segnali Very High Frequency, se trasmessi da una sorgente in mare e captate da una stazione costiera, possono raggiungere i 100 km di distanza, e dunque punti oltre le 60 miglia. Resta in ogni caso il fatto, enorme, che dall’alba del 25 febbraio l’Mrcc di Roma aveva un evento Sar aperto.

Quindi, quando è arrivata la segnalazione di Frontex, l’Mrcc di Roma aveva un evento Sar per nave in distress già aperto. Le regole, il rispetto della norma sul principio di precauzione scritta nei protocolli operativi del Piano Sar Nazionale in vigore, gli imponevano di mettere in mare le navi di soccorso per qualsiasi avvistamento. Se gli avessero detto “c’è uno strano pezzo di plastica che galleggia”, sarebbe dovuto andare immediatamente a verificare. Se l’avessero avvisato “c’è un salvagente in acqua” avrebbe dovuto precipitarsi a vedere. Ha ricevuto una scheda telematica Frontex in cui c’era scritto che una «barca a motore senza giubbotti di salvataggio, con una sola persona visibile sovracoperta, e con elevato ed esteso calore rilevato sottocoperta» – che vuol dire soltanto molte persone a bordo e nient’altro che questo – stava nella rotta classica dei barconi dei migranti salpati dalla Turchia. E non s’è mossa. Con un evento Sar aperto, non c’è spiegazione possibile. L’aveva chiuso? Ci dica come, quando e perché. Sono passati cinque orribili giorni da allora e non l’ha ancora fatto.

Altra questione. Frontex aveva il codice Imei del cellulare turco di una persona a bordo. Questo consente di monitorare con esattezza la posizione dell’oggetto e infatti si vede dalla rotta seguita dall’Eagle1 che a un certo punto l’aereo va dritto verso la barca, non la va a cercare. Punta sicuro un obiettivo. Frontex dice che quel codice Imei l’ha dato alla Finanza. Quindi la Finanza avrebbe dovuto poter intercettare il caicco anche a poche miglia dalla costa. Ha detto invece che quando i suoi due mezzi sono usciti a cercarlo non l’hanno trovato.

Perché? Avevano o non avevano il codice del telefono? Sarà mica che non hanno trovato il caicco semplicemente perché non erano intenzionati ad andare oltre le 12 miglia, limite delle acque territoriali entro il quale si può compiere l’operazione di polizia? Che non li hanno trovati perché non li hanno cercati? E i tracciati del radar di terra, potentissimo, precisissimo, i cui dati vengono trasmessi alla Guardia di Finanza e orientato verso quel tratto di mare, nessuno della GdF li ha guardati? Stanno cercando una barca e non guardano le tracce del radar messo lì apposta per la GdF? Qualcuno li ha acquisiti quei dati da domenica ad oggi? E può garantire che non spariscano?