Perché il sostituto pg ha chiesto di riaprire il caso
Strage di Erba, cosa era successo e la nuova convinzione: “Rosa e Olindo vittime di un errore giudiziario”
Era l’11 dicembre 2006 quando a Erba, comune di 15mila abitanti in provincia di Como, avvenne una strage, rendendo il piccolo centro protagonista di uno dei delitti più efferati della storia della cronaca nera italiana. Della “Strage di Erba” furono condannati i coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi, ritenuti colpevoli dell’omicidio di Raffaella Castagna, del figlio di 2 anni Youssef Marzouk, della nonna del piccolo Paola Galli e della vicina di casa Valeria Cherubini. Uccisi a colpi di coltello e spranga. Ma ora nuovi elementi potrebbero portare il Procuratore generale Francesca Nanni e l’Avvocato Lucilla Tontodonati a riaprire il caso. Nei giorni scorsi il pg di Milano Milano, Cuno Tarfusser, ha consegnato alle due magistrate venti pagine per spiegare quali sono le nuove presunte “prove” che potrebbero portare a riaprire il caso: una relazione redatta sulla scorta di nuovi elementi presentati dalla difesa di Olindo Romano e Rosa Bazzi.
Un caso che ha sulle spalle oltre 16 anni di sentenze definitive, prove regine, confessioni fatte e poi ritrattate. Il pool di avvocati dei due coniugi ha prodotto una serie di nuovi atti che il sostituto procuratore generale di Milano Cuno Tarfusser ha raccolto, chiedendo alla procura generale – e quindi ai suoi superiori – di riaprire il fascicolo, ritrasmettendo gli atti alla Corte d’appello di Brescia, “in tutta coscienza, per amore di verità e di giustizia e per l’insopportabilità del pensiero che due persone, probabilmente vittime di errore giudiziario, stiano scontando l’ergastolo”.
La “Strage di Erba”
La sera dell’11 dicembre 2006 furono uccisi barbaramente Raffaella Castagna, il suo bambino Youssef, che aveva due anni, e sua madre Paola Galli. Fu uccisa anche Valeria Cherubini, che era invece la vicina di casa di Raffaella. Mario Frigerio, suo marito, fu sgozzato, ma non morì: aveva una maltormazione alla carotide che ne impedì il mortale dissanguamento. Rosa e Olindo erano i vicini di casa del piano di sotto, in perenne lite con Raffaella e suo marito, il marocchino Azouz Marzouk a causa di rumori che avevano provocato già liti violente, insulti e minacce reciproche. C’era stata anche una lite la notte di Capodanno del 2005 ed era anche in atto una causa civile fra le parti, che avrebbe dovuto svolgersi due giorni dopo la strage: in quell’occasione, i coniugi Romano avevano aggredito e percosso la Castagna, che aveva sporto denuncia contro di loro per ingiurie e lesioni dopo un diverbio scoppiato quella sera, pur offrendosi di rimetterla in cambio di un risarcimento in denaro. L’episodio, comunque, era solo l’ultimo di una lunga lista di ostilità e sgarbi tra inquilini, frequentemente sfociati in diverbi e litigi.
L’8 gennaio 2007 vengono arrestati: Romano viene accusato di omicidio plurimo pluriaggravato, la donna di concorso. Il 10 gennaio 2007, davanti ai magistrati, i Romano ammettono, separatamente, di essere gli esecutori della strage, descrivendone con minuzia i singoli atti, il tipo di ferite, la posizione dei corpi delle vittime e il tipo di armi usate. Nei tre gradi di giudizio marito e moglie verranno sempre considerati colpevoli, con la conferma della condanna all’ergastolo: nel corso dei processi i coniugi avevano poi ritrattato la confessione, dichiarando di averlo fatto dietro la promessa di arresti domiciliari e pene di pochi anni da scontare in carcere.
La richiesta di revisione del processo e le nuove prove
Secondo la ricostruzione fatta dal Corriere della Sera, a Brescia arriverà nei prossimi giorni una richiesta di revisione firmata dai legali di Olindo e Rosa, Fabio Schembri e Luisa Bordeaux, avvocati storici della coppia che in anni di studio approfondito sono riusciti a trovare nuove prove da sottoporre ai giudici. Tanto da aver convinto Tarfusser, il sostituto procuratore, delle tesi della difesa: Olindo e Rosa sono innocenti. Tre i motivi principali: la confessione dei due imputati, la testimonianza di Frigerio e la macchia di sangue di Valeria Cherubini sull’auto di Olindo.
In sostanza le “nuove prove” non sarebbero novità ma sarebbero state analizzate sotto una nuova luce. Per la difesa il riconoscimento di Mario Frigerio fu una “falsa memoria”, indotta dalle domande su Olindo che il luogotenente dei carabinieri Gallorini gli fece mentre lui era ricoverato in gravissime condizioni; la confessione di Olindo e Rosa fu ottenuta con “errate tecniche di intervista investigativa” e ci sono dubbi sulla raccolta, sull’analisi e sulla provenienza della macchia di sangue sul battitacco dell’auto. Tre questioni già affrontate in secondo grado. Ma “lo sono ontologicamente”, spiega il magistrato nella sua richiesta di revisione, “in quanto fondano su conoscenze scientifiche, metodologiche e tecnologiche sviluppare successivamente alla prima decade di questo secolo, ma ancora di più lo sono se considerate e valutate unitamente alle prove già valutate e ancora di più alle prove in atti e mai valutate”.
La testimonianza di Frigerio
Secondo quanto riportato dal Corriere, “le nostre consulenze tirano in ballo moltissimi esperti”, ha detto l’avvocato Schembri, che “provano scientificamente che la testimonianza di Frigerio non fu genuina. Nessuno dice che lui mentì. Lui aveva una lesione cerebrale e aveva sviluppato quella che la scienza chiama una amnesia anterograda che rende impossibile recuperare i ricordi”. Ma questo non trova concordi i giudici della Cassazione che invece obiettarono: “Pur ammesso il carattere suggestivo delle domande fatte dai carabinieri, il teste sia davanti ai pm che davanti ai giudici ha sempre detto di aver esitato a menzionare Olindo, sulle prime, perché voleva capire come fosse stato possibile che un normale condomino, con cui mai aveva avuto contrasti, si fosse accanito così brutalmente su di lui e su sua moglie”. Frigerio è morto anni fa. Lui e sua moglie, Valeria Cherubini, furono coinvolti per caso nella drammatica vicenda perché stavano uscendo con il cane quando incontrarono Olindo che sarebbe uscito da casa di Raffaella Castagna. Secondo i giudici in tre gradi di giudizio eliminati perché scomodi testimoni di quella mattanza. Frigerio ai giudici di primo grado disse di riconoscere gli assassini: “Li vedo in aula, sono loro, quei due delinquenti, li riconosco. Lui mi guardava con due occhi da assassino”.
Le confessioni di Rosa e Olindo poi ritrattate e le scritte sulla Bibbia
Secondo Tarfusser le confessioni di Rosa e Olindo sarebbero maturate in “un contesto che definire ‘malato’ è fare esercizio di eufemismo”. Secondo al difesa i due coniugi avrebbero ceduto alle pressioni degli inquirenti e vittime di una vera e propria circonvenzione. I giudici della Cassazione all’epoca obiettarono che Rosa e Olindo avevano raccontato una storia plausibile con dettagli che soltanto chi era stato quella sera in quella casa poteva conoscere. Per esempio: la posizione dei cadaveri; l’energia elettrica interrotta con distacco manuale del contatore; il fatto che quella sera Raffaella sia arrivata a casa con l’auto di famiglia e non la sua come al solito; il fatto che il fuoco si stato alimentato da una pira di libri, il punto da cui è partito, la posizione dei corpi, i cuscini vicino a Raffaella lasciati nel tentativo di soffocarla, la morte di Youssef avvenuta per mano di Rosa che era mancina e lui fu ucciso da mano mancina.
E poi c’è quello che Olindo scrisse in cella sulla Bibbia prima di ritrattare: “Perdonaci, non sapevamo cosa facevamo”. E ancora: “Dio perdona anche quelli come noi che su questa terra hanno vissuto l’inferno”, “Accogli nel tuo regno Youssef, sua mamma Raffaella, sua nonna Paola e Valeria a cui noi abbiamo tolto il tuo dono, la vita”.
La macchia di sangue sull’auto di Olindo
La difesa ha contestato l’uso che si fece di quel reperto che sarebbe stato prelevato in maniera sbagliata tanto da mettere in discussione che non fosse frutto di una contaminazione successiva cioè portata inavvertitamente sull’auto da qualcuno degli inquirenti che quella sera stava operando sulla scena del delitto. “La traccia era particolarmente nitida” scrisse la Cassazione, “tanto da consentire di esaltare con puntualità il profilo genetico di Valeria Cherubini (…) Trattandosi di una traccia di alta qualità, si doveva escludere che potesse aver subito tanti passaggi e che fosse stata esposta a fattori degradanti”. In quanto al verbale firmato da carabinieri diversi da chi fece il prelievo, “per quanto discutibile come prassi la corte territoriale ritenne che tale modus operandi fosse comprensibile in ragione della concitazione del momento”.
Il dolore delle famiglie delle vittime
Negli anni la famiglia Castagna e la famiglia Frigerio hanno mantenuto basso profilo. Alla notizia della probabile riapertura del caso Pietro e Beppe Castagna si sono sfogati in un post su Facebook: “Speravo fosse finita ma ci risiamo”. E ripropongono un post scritto nell’ottobre 2018. “Ora, non sta a noi, né difendere la procura né gli inquirenti né il loro operato, consentiteci di difendere però la verità, che per noi è solo una, consentiteci di essere indignati e increduli nel sentire gente che definisce i colpevoli come innocenti vittime di una giustizia sommaria e faziosa, definiti addirittura come ‘un gigante buono e una gracile signora’. Questo gigante buono e questa gracile signora hanno ucciso brutalmente nostra madre, nostra sorella, nostro nipotino, la signora Valeria, hanno tentato di uccidere il signor Mario, spezzando pochi anni dopo la sua vita e la vita di nostro padre, facendo vivere a me e a Beppe, a Elena e Andrea Frigerio un incubo continuo”.
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