Nicoletta Golisano aveva 50 anni. È morta nella strage del quartiere di Fidene, a Roma: tre donne morte e quattro feriti. Claudio Campiti, un uomo di 57 anni, è stato fermato per la sparatoria di domenica mattina. Dalle prime ricostruzioni risulta che la tragedia sia esplosa a causa di vecchi dissidi tra i condomini di un complesso residenziale in provincia di Rieti. Golisano era amica di Giorgia Meloni, presidente del Consiglio.

“Nicoletta era mia amica – ha scritto la premier – L’uomo che ha ucciso queste tre donne innocenti è stato fermato e spero che la giustizia faccia quanto prima il suo corso. Eppure la parola ‘ giustizia’ non potrà mai essere accostata a questa vicenda. Perché non è giusto morire così“. Non era passata infatti inosservata ai cronisti la presenza sulla scena del crimine del compagno della premier, Andrea Giambruno.

“Era una mamma protettiva, un’amica sincera e discreta, una professionista con un senso del dovere fuori dal comune. È stato quel senso del dovere a portarla lì, di domenica mattina, dove un uomo la aspettava per ucciderla a colpi d’arma da fuoco. Lascia il marito Giovanni e uno splendido bambino di dieci anni, Lorenzo. Con la sua – ha aggiunto la premier – altre famiglie, alle quali esprimo tutta la mia vicinanza, sono state distrutte”.

La sparatoria si è consumata presso un gazebo davanti a un bar in via Monte Giberto. Era in corso una riunione di condominio, con una trentina di partecipanti, di un consorzio nel rietino: a Roma perché la maggior parte dei proprietari era della Capitale. Campiti è appunto il proprietario di una casa in un complesso turistico residenziale di 25 ettari sul lago del Turano, tra i comuni di Ascrea e Rocca Sinibalda, in provincia di Rieti, amministrato dal Consorzio Valle Verde. A morire sotto i colpi di pistola Sabrina Sperandio, pensionata di 71 anni, Elisabetta Silenzi, 55 anni, e Nicoletta Golisano, 50 anni e commercialista. Quattro i feriti, tra cui la 50enne Fabiana De Angelis ferita al cranio, è in gravi condizioni.

Le indagini si stanno concentrando soprattutto sul passato di Campiti, originario di Ladispoli, separato dalla moglie, aveva avuto tre figli e lavorato per diversi anni come assicuratore. Uno dei suoi figli, l’unico maschio, era morto nel 2012 in un incidente in slittino in Trentino Alto Adige. La famiglia aveva ricevuto 240mila euro di risarcimento dopo le condanne di un maestro di sci e due responsabili dell’impianto. Campiti viveva da solo nella casa sul lago del Turano, senza allaccio alla rete idrica, alle fognature e senza riscaldamento.

Sul caso indagano i carabinieri. Secondo le prime ricostruzioni voleva completare la costruzione della casa ma si rifiutava di pagare le quote sociali del consorzio, in tutto circa 10mila euro. In un blog scriveva scagliandosi contro il consorzio e i suoi membri. Lo aveva definiva una “mafia” e aveva appeso uno striscione sulla sua casa con scritto “Consorzio Raus”. Aveva presentato trenta denunce contro i membri del consorzio, nessuna andata a buon fine. La pistola, una Glock calibro 9 con 16 colpi in canna, era stata rubata al poligono di tiro di Tor di Quinto dove era iscritto. Non aveva il porto d’armi: gli era stato negato per le denunce per minacce nei suoi confronti da parte degli altri membri del consorzio Valle Verde.

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Giornalista. Ha studiato Scienze della Comunicazione. Specializzazione in editoria. Scrive principalmente di cronaca, spettacoli e sport occasionalmente. Appassionato di televisione e teatro.