Un piano premeditato
Strage di Licata, dietro i quattro omicidi le liti per i campi di carciofi: “Alessia raccontava a scuola degli screzi tra padre e zio”

Le liti tra familiari erano frequenti, tanto che i carabinieri in altre occasioni erano dovuti intervenire per sedare i diverbi: proprio poco prima della strage compiuta questa mattina i vicini di casa avrebbero sentito prima il litigio e poi gli spari.
È “l’ambiente” difficile in cui è nata la strage compiuta questa mattina a Licata (Agrigento) da Angelo Tardino, il 48enne che armato di due pistole si è recato all’alba nel casolare del fratello in contrada Safarello. Qui, dopo l’ennesimo diverbio, ha ucciso il fratello Diego, 45enne possidente agricolo, la moglie Alessandra Ballacchino e i figli di 11 e 15 anni, Vincenzo e Alessia.
Il 48enne, secondo quanto emerso dalle indagini coordinate dal procuratore Luigi Patronaggio e dal sostituto Paola Vetro, è poi salito in auto raggiungendo via Mauro De Mauro sparandosi alla tempia con una pistola a tamburo. Inquirenti convinti che l’uomo si sia recato a casa del fratello Diego con l’intenzione di compiere una strage.
Tardino è stato trovato dai carabinieri in fin di vita, intervenuti su segnalazione della moglie del killer, mentre stavano rastrellando la zona e istituendo posti di blocco. I militari erano ormai sulle sue tracce ed era anche stato contattato al telefono dagli investigatori, nel tentativo di convincerlo a costituirsi: quando ormai Tardino sembrava pronto ad arrendersi e raggiungere la caserma, i militari hanno sentito al telefono uno sparo e hanno capito che il fuggitivo aveva tentato il suicidio. Il 48enne è stato trasportato in condizioni gravissime all’ospedale Sant’Elia di Caltanissetta, dove è morto nonostante un tentativo disperato dei medici di rianimarlo.
Anche Diego Tardino, ucciso aveva una pistola regolarmente detenuta, come il fratello. L’arma è stata però trovata all’interno della cassaforte nella sua abitazione: Angelo Tardino infatti non gli ha lasciato infatti l’occasione di difendersi.
Una strage, come detto, nata a causa dei continui diverbi tra fratelli. Secondo quanto emerso dalle prime indagini l’oggetto del contendere tra Angelo e Diego era l’eredità di un fondo agricolo destinato alla coltivazione di carciofi e l’utilizzo di un pozzo comune.
Litigi tra i due fratelli molto frequenti, ma nessuno in città, dove la famiglia era molto conosciuta, ipotizzava che si potesse arrivare ad un epilogo simile. A raccontare la situazione familiare complicata è stata anche Floriana Costanzo, l’insegnante di italiano di Alessia Tardino, la quindicenne uccisa dallo zio. All’Adnkronos la docente ha spiegato che l’adolescente parlava anche a scuola delle frequenti liti tra il padre e lo zio: “Oggi, cercando di parlare con i suoi compagni ho saputo che la sua amica del cuore diceva che Alessia aveva detto che c’erano screzi tra il papà e lo zio – ha spiegato la professoressa – Se fosse stato un problema reale ce lo avrebbe detto. I ragazzi si confidano con noi”. Una strage arrivata “come un fulmine a ciel sereno. Nulla poteva farcelo intuire, saremmo intervenuti“.
Licata, città di poco più di 35mila abitanti nell’Agrigentino, è ovviamente sconvolta. Il Comune ha deciso di istituire il lutto cittadino per la giornata in cui verranno celebrati i funerali: “Era gente perbene, grandi lavoratori. Dichiareremo il lutto cittadino nel giorno dei funerali delle vittime, soprattutto per i bambini coinvolti nella tragedia“, ha spiegato il vicesindaco Antonio Montana.
Parole di sconcerto anche dall’arcivescovo di Agrigento, Alessandro Damiano, che ha chiesto una presa di coscienza da parte della comunità: “La tragedia di Licata costituisce l’ennesima sconfitta di una cultura, la nostra, sempre più disorientata e sempre meno capace di gestire le emozioni e le tensioni che turbano l’esistenza personale e interpersonale – spiega l’arcivescovo -. Esige una inderogabile presa di coscienza, individuale e comunitaria, sul valore della persona umana, soprattutto se innocente e indifesa, e sull’importanza della cura delle relazioni, al di là di ogni ferita e di ogni offesa“.
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