Ambiente
Stranger Things, Palazzo Chigi e viale Trento: il mondo Sottosopra delle rinnovabili in Italia
Riflessioni semiserie (ma non meno preoccupate) sul dialogo tra istituzioni in materia di energia

Seppure mi occupi di energie rinnovabili da più tempo di quanto non vorrei ammettere da qualche mese (dall’emanazione del DL Agricoltura del maggio scorso) avverto una sensazione di disagio che nel mio immaginario mi figuro non diversa da quella che Jim Hopper, il capo della polizia della cittadina di Hawkins della celeberrima serie tv, prova quando capisce che il mondo che lo circonda ne sovrasta un altro che funziona alla rovescia. L’abbinamento mentale dipenderà da un malcelato debole per le serie che ammiccano agli anni 80 (e alla relativa epica), ma sono convinto che non ci sia oggi un singolo operatore del settore che non avverta senso di smarrimento di fronte all’evoluzione delle regole del gioco.
Se in una qualche misura player industriali, investitori, consulenti, associazioni di categoria avevano preso le misure ad una produzione normativa ipertrofica e improntata all’urgenza, certamente nessuno avrebbe previsto quanto sarebbe accaduto da maggio scorso in avanti.
Per i non addetti ai lavori: è a maggio ‘24 che il governo, tra lo sgomento degli addetti ai lavori, licenzia il DL Agricoltura, imprimendo un primo giro di vite al numero delle aree idonee ad ospitare impianti fotovoltaici tradizionali. A giugno MASE, MIC e MIPAAF varano il DM Aree Idonee. Il provvedimento interministeriale si rivela subito un italianissimo esercizio di cerchiobottismo.
Per non scontentare le Regioni, si lascia loro ampio margine di manovra, apparentemente consentendo anche di rimettere in discussione le poche certezze che gli addetti ai lavori pensavano di aver ormai acquisito. La minaccia è tale che alcuni produttori FER impugnano il DM Aree Idonee di fronte al giudice ammnistrativo. Qui il Consiglio di Stato impone cautelativamente a tutte le Regioni uno stop ai lavori e rimette la palla al TAR Lazio. Il messaggio: attendano tutte la decisione (quasi) finale del TAR (attesa entro questo mese) e soltanto dopo si legiferi, anche per evitare di innescare un pericolosissimo cortocircuito nel sistema, con evidente danno per imprese e cittadini.
Tuttavia il monito del Consiglio di Stato è disatteso. La Sardegna, cui già si doveva un primo tentativo qualche mese prima di paralizzare la costruzione degli impianti FER (la famosa moratoria, poi abrogata dalla stessa giunta di viale Trento ma solo, come si dirà, per alzare la posta) a dicembre vara la propria legge sulle aree idonee che in buona sostanza vieta le FER su tutta l’isola. Con buona pace del Consiglio di Stato che poco prima aveva invitato tutti (Regioni e Governo) a tener conto, tra l’altro, degli impegni dell’Italia nei confronti della UE rispetto una ordinata transizione energetica. Il Governo non ci sta e, a gennaio scorso, impugna la legge Sarda dinanzi alla Corte Costituzionale. Non è finita qui. In uno scontro ormai aperto tra Governo e Regione Sardegna a febbraio il MASE dà il via libera ambientale ad un impianto agrivoltaico di grandi dimensioni da realizzarsi sull’isola, invocando la posizione del Consiglio di Stato e ignorando la legge regionale sarda (ancorché vigente). Segue immediata la reazione della Giunta Todde che annuncia battaglia (sempre) al TAR.
In questo pasticciaccio brutto di “gaddiana” memoria lo sgomento degli operatori aumenta. È possibile auspicare che Governo o Regioni si siedano ad un tavolo per risolvere finalmente la contesa senza che debba essere la Magistratura a indicare la strada da percorrere? In questa commistione di poteri il mercato delle energie rinnovabili ha urgente bisogno di certezze e soltanto una azione politica congiunta e responsabile potrebbe offrire risposte adeguate e nei tempi giusti. Per ora non resta che attendere a marzo il TAR Lazio e in autunno, ma c’è da sperare che per allora l’invito al dialogo sia stato raccolto, la quinta stagione di Stranger Things.
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