Un conflitto tra diritto nazionale e sovranazionale
Strappo tra Polonia e Ue, cosa sta succedendo e perché riguarda tutti
Il conflitto istituzionale che è esploso tra l’Unione, e in particolare la Commissione, e la Polonia deve stimolare l’attenzione di giuristi, economisti e, ovviamente, politici non solo per i rischi che presenta – escludendosi, almeno per ora, una Polexit, dopo Brexit – ma anche per i danni che può arrecare a quei Paesi e a tutti coloro che non sostengono affatto la supremazia del diritto nazionale su quello europeo, ma pongono specifici problemi, in questa o quella materia, di coerenza dei due ordinamenti. La posizione polacca nasce dalla decisione di istituire un controllo della magistratura da parte del Governo, tra l’altro con l’istituzione di una sezione di disciplina presso la Corte costituzionale, ma anche con altre misure che, sovrapponendo l’Esecutivo al Giudiziario, sono considerate lesive dello Stato di diritto.
L’invito della Commissione al Governo polacco a rivedere queste decisioni non è stato finora accolto. All’opposto, una pronuncia della Corte costituzionale ha sancito la suddetta supremazia, così impattando sui cardini dell’Unione. Si è rafforzato, allora, il contrasto, che ha avuto una rappresentazione plastica nell’Europarlamento con le contestazioni mosse dalla presidente Ursula Von der Leyen, secondo la quale le decisioni della Polonia minano l’unità dell’ordinamento giuridico dell’Unione, e la reazione del premier polacco Mateusz Morawiecki, che ha contestato il centralismo comunitario, non è destinato a comporsi a breve. La presidente valuta, qualora non vi sia una marcia indietro, una procedura di infrazione o l’applicazione di sanzioni che potrebbero consistere anche nel blocco di fondi comunitari da erogare alla Polonia. Se si esclude il conflitto con la Gran Bretagna, che però si è manifestato con modi, tempi e contenuti diversi, si tratta di un caso unico verificatosi nei rapporti europei degli ultimi decenni.
Il fatto è che, come accennato, mentre è da escludere decisamente che possa minimamente essere considerata la posizione polacca – che in effetti confina con l’uscita dall’Unione – per normative specifiche anche contenute in Regolamenti si pone frequentemente il problema della coerenza con norme della nostra Costituzione, come accade in materia di risparmio e nello stesso campo della disciplina del debito. Il contrasto, eventuale, con previsioni costituzionali in tema di principi e norme specifiche non può essere sottovalutato e concludere per la supremazia delle norme europee. Gli stessi Trattati, qualora confliggano espressamente con una precisa norma costituzionale, prevalgono, in base alla previsione anch’essa costituzionale che li riguarda o no? E, poi, i Trattati sono derogabili da Accordi intergovernativi, magari in nome di una cooperazione rafforzata, come, per esempio accade per la Vigilanza bancaria? Questa, secondo il Trattato è accentrabile presso la Bce ad opera dei singoli Stati solo per compiti specifici di supervisione prudenziale. Invece, un Accordo intergovernativo l’ha trasferita praticamente “in toto”. E che dire del principio di sussidiarietà verticale secondo il quale ciò che si può fare a livello inferiore non va accentrato, un principio ritenuto dai Padri fondatori fondante, che, però, continua a essere del tutto trascurato nelle concrete decisioni comunitarie?
Certo, vi è da agire in via preventiva quando si partecipa alla formazione delle norme da parte dei singoli Paesi. Ma, comunque, per il caso in cui il Regolamento o la Direttiva che vengono, alla fine, adottati presentino gli accennati profili di contrasto, occorrono certezze per la riparazione, anche attraverso la via giurisdizionale. Tutta questa problematica, in ogni caso, rischia di confondersi con la grave decisione della Polonia che, però, ha tutt’altri caratteri e finalità, ma può suscitare un effetto di imitazione. Qual è, c’è da chiedere, la posizione del Governo italiano al riguardo?
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