Il caso di Claudio Mandia
Studente italiano morto suicida nel college di New York, i genitori fanno causa: “Trattato da criminale”
“Solo delle belve feroci possono trattare un ragazzino come un criminale”. Non usano mezzi termini Mauro ed Elisabetta nel commentare la drammatica vicenda che ha visto protagonista il figlio Claudio Mandia, il 17enne di Battipaglia (Salerno) trovato morto lo scorso 17 febbraio in una stanza della EF Academy di New York, esclusivo college di Thornwood, pochi chilometri a nord della ‘Grande Mela’..
Claudio venne trovato senza vita in una stanza nella quale era stato tenuto in isolamento per tre giorni come “punizione” per aver copiato un compito di matematica, pratica che aveva preceduto l’espulsione in programma il giorno dopo il ritrovamento del corpo senza vita.
Per questo i genitori, imprenditori salernitani, hanno deciso di presentare tramite l’avvocato George Bochetto, una denuncia civile alla Corte Suprema dello Stato di New York accusando la scuola di comportamento inumano e gravissime negligenze.
A scriverne è il Corriere della Sera, che sottolinea come nella denuncia presentata dalla famiglia Mandia si ricorda come nell’istituto vi erano già stati in passato tentativi di suicidio: nel 2021 un altro studente italiano tentò di togliersi la vita tagliandosi i polsi, venendo salvato proprio da Mandia e un membro dello staff dell’Academy.
Nonostante ciò, nessuno tra i responsabili della EF Academy aveva preso alcuna precauzione, tenendo isolato Claudio lasciandogli i pasti fuori dalla porta.
La denuncia chiama in causa quindi il direttore dell’Istituto, Vladimir Kuskovski, il dean (l’equivalente britannico del preside di Facoltà, nda) Wayne Walton, la psicologa Chelsea Lovece, che aveva più volte incontrato Claudio per le sue difficoltà ambientali e mentali. Nove i capi di imputazione, che vanno dalla wrongful death, cioè morte procurata dai comportamenti dell’Istituto, alla detenzione abusiva alla negligenza nella gestione di vari aspetti della vita accademica e, soprattutto, dei trattamenti disciplinari, fino alle sofferenze psicologiche consapevolmente inflitte, ai maltrattamenti e all’abuso di minori.
Come scrive il Corriere, i segnali di un possibile gesto estremo di Claudio erano stati notati anche dai suoi compagni, autorizzati ad una breve visita alla vigilia della partenza del 17enne, prevista il giorno dopo. Claudio aveva infatti segni di ferite e di legamenti attorno al collo, ma agli amici il ragazzo disse che era caduto nella doccia. La scoperta della morte dello studente arrivò soltanto quando la sorella di Claudio, anche lei studentessa alla EF Academy, segnalò che il fratello non rispondeva ai suoi messaggi.
La scuola da parte sua, nel ribadire il dolore per la scomparsa di Claudio, ha sostenuto che lo studente italiano non era tecnicamente detenuto, che la stanza “non era chiusa a chiave” e che “poteva avere interazione sociali”. Difesa che per i familiari del 17enne non regge: “Non era autorizzato a uscire e se lo faceva la porta si richiudeva e non poteva essere riaperta. La poteva aprire solo per prendere i pasti che gli lasciavano a terra: peggio di un detenuto. L’ultimo giorno, poi, non gli portarono né la colazione né il pranzo”.
Per la madre di Claudio, Elisabetta, il figlio “non ha preso la decisione di togliersi la vita: Claudio è morto perché non ha resistito ai crudeli maltrattamenti e agli atroci abusi che ha subito da parte della scuola”.
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