Violentata la notte di Capodanno, per tre ore, da cinque ragazzi, maggiorenni e minorenni.

La 16enne, figlia di un diplomatico spagnolo, era arrivata a Roma per festeggiare l’arrivo del 2021. Ma quel giorno di festa si è presto trasformato in un incubo.

“Non riuscivo a camminare, fissavo i muri. Tanti ragazzi hanno iniziato a parlarmi” si legge sul verbale pubblicato da Repubblica. È il 2 gennaio 2021 quando la vittima decide di denunciare le violenze e si reca alla stazione dei Carabinieri della Storta, che la richiameranno in altre due occasioni. In questo party clandestino organizzato a Primavalle il 31 dicembre 2020- le regole anti Covid vietavano all’epoca le feste- ci sono droghe, c’è l’alcol: lei ammette di aver bevuto e fumato. “Non ho idea se qualcuno mi ha messo qualcosa nel bicchiere. Ho iniziato a perdere i sensi” racconta, sottolineando di essersi sentita “come se fluttuassi fuori da me stessa”. 

Il racconto dello stupro

Mi ricordo più o meno l’inizio, che stavo in una stanza e dei ragazzi mi stavano toccando. Mi ricordo che ho fatto resistenza, l’ho fatta ma non potevo fare più di tanto, non avevo forza, non avevo consapevolezza”  si legge ancora sul verbale. La ragazza era stata lasciata da sola in quella casa.

Non mi ricordo quante persone erano. Ricordo che qualcuno mi ha preso per il collo, anche per la testa mi sa perché mi fa male una parte della testa“. Della violenza di gruppo la notte di Capodanno la ragazza non ricorda nulla, così come non ricorda di aver festeggiato l’arrivo della mezzanotte. Il giorno dopo si sveglia su un materasso senza lenzuola né coperte. “Mi sono svegliata, mi sentivo come se avessi i postumi di ogni droga possibile ed immaginabile. Avevo male dappertutto. Sono andata in bagno e ho guardato le gambe. Erano completamente piene di lividi, c’erano anche sulle braccia. Avevo dei segni e tanto dolore. C’era anche del sangue. Addosso avevo solo una felpa che non era mia” sono i suoi ricordi dolorosi.

Decide di chiamare il papà di una sua amica, che va  a prenderla: gli racconta di essere caduta dalle scale, che non sapeva cosa fosse accaduto. Arrivata a casa dall’amica, la sensazione che ricostruisce è ‘di schifo’ verso ciò che era successo: “Dovevo levare addosso da me tutto quello schifo. Ho fatto uno sforzo e ho aperto l’acqua più calda che potessi sopportare. Mi sono infilata un pigiama, il primo che ho trovato e mi sono messa a letto”.

Ma al brutale stupro si aggiungono altri dettagli. La vittima viene poi a sapere dagli amici che un ragazzo aveva mostrato a tutti una maglietta sporca del suo sangue, come un trofeo. In una chat, lui scrive: “Me la sono fatta”. E sarà proprio questa frase a incastrarlo. La giudice scrive nell’ordinanza che la ragazzina è stata trattata con disprezzo, “come un oggetto”.

Le intercettazioni

Per questo stupro sono i tre maggiorenni, tra i 19 a e i 21 anni, sono stati sottoposti a misure cautelari, mentre due minorenni (16 e 17 anni) sono indagati.

L’ordinanza del Gip riporta le frasi dei partecipanti alla festa, anche quelle dei presunti stupratori. Tra loro o con i familiari raccontano la serata, mentre sono intercettati dai Carabinieri. Uno dei minorenni racconta alla madre: “Io te lo dico… io una me la so’ proprio… proprio a divertimme, mà”. Per gli altri, il padre della ragazza è ‘un infame’.

Roberta Davi

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