Diritti al Punto
Nuovi media
Sui social troppa libertà senza regole: odio e insulti non possono restare impuniti
Non è come urlare davanti alla televisione: i commenti violenti scritti in Rete hanno effetti gravi e reali sulle persone, esposte alla pubblica umiliazione
Non si può fare a meno di notare quanto la rete sia cambiata nel corso degli anni. Un cambiamento che si è reso sempre più evidente in particolare dall’esplosione dei social network. In termini generali è evidente che lo sviluppo della rete, con la sua sempre più agevole accessibilità, abbia prodotto vantaggi sociali, economici e civili straordinari.
I limiti imposti dalle regole
D’altro canto, quella stessa libertà che si esercita in rete sembra molto spesso sfuggire ai limiti imposti dalle regole che valgono altrove, nella cosiddetta vita reale. Un modo di dire, quest’ultimo, fin troppo diffuso e che è responsabile di un grave equivoco, che molto ha a che vedere con l’abuso che spesso si fa della ribalta offerta dai “nuovi” media. Perché, al di là dei contenuti diffusi, questi non hanno un bel niente di virtuale: sono anzi assolutamente reali, così come lo sono le spiacevoli conseguenze che spesso derivano dal loro uso irresponsabile. Qualche settimana fa, su queste pagine, ho indicato i social come uno dei più fertili terreni di coltura per l’odio che invade la nostra società. Un sentimento che attraverso quei canali pare si diffonda con maggiore facilità e velocità, come un virus che abbia trovato una via preferenziale per raggiungere e appestare i suoi gli ospiti più deboli e abbordabili.
La via preferenziale
Su questa considerazione ha un effetto importante la consapevolezza che l’odio espresso sui social è di fatto non sanzionato. Cito, ad esempio, la decisione di un giudice che recentemente ha ritenuto non doversi procedere nei confronti di una folla di signori che, a suon di insulti sessisti, aveva attaccato Cristina Seymandi, l’imprenditrice che qualche tempo fa ha ottenuto un’enorme quanto poco gradita visibilità sui social a causa di vicende private che non meritano di essere ancora ricordate. E questo perché sembra abbia assunto rilevanza che la gogna sia scattata in rete, e che sui social ormai sia normale attendersi critiche esposte in modo “non elegante”. Un principio, davvero poco condivisibile, che finisce per attribuire alla libertà che si esercita in rete dei confini ben più ampi di quelli di cui si gode altrove.
I commenti
Il fatto che gli utenti dei social, come si fa da più parti notare, oggi siano ridotti alle condizioni di utenza passiva, tipica dei telespettatori che fanno zapping, forse aiuta a capire cosa sta succedendo. Se, del resto, si potessero ascoltare i commenti delle persone che guardano la tv dal loro divano, probabilmente otterremmo una rappresentazione della società che ci farebbe semplicemente terrore. La piccola ma enorme differenza è nella pubblicità di quei commenti che, sui social, non restano a galleggiare nelle case delle persone ma raggiungono con tutto il loro carico di violenza le persone cui sono rivolti. Ecco, io credo che questo accada in modo abbastanza inconsapevole, e che chi stura il serbatoio dell’indecenza sui social spesso non consideri la potenza del suo messaggio. E bisognerebbe invece ricordarglielo. Io credo sia così. Dobbiamo pensare che sia così. Altrimenti la rappresentazione della società che emerge dai social sarebbe troppo deprimente. E si darebbe ragione a quel giudice, dicendo: non si può far niente, lasciamo stare.
© Riproduzione riservata