La Campania resta in zona rossa per la sesta settimana consecutiva. La decisione del Ministero della Salute era prevedibile, visto l’alto indice di contagio che si registra a Napoli e dintorni. Ed era altrettanto prevedibile la sfuriata di Vincenzo De Luca, ora che la sua regione incassa l’ennesima bocciatura mentre buona parte d’Italia passa in zona arancione. Il governatore campano non ha risparmiato nessuno: per il Comitato tecnico-scientifico, accusato di seguire «criteri demenziali» per la classificazione delle regioni, ma anche per il premier Mario Draghi e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Al primo De Luca ha contestato il minor numero di vaccini, risorse del fondo sanitario nazionale e dipendenti della sanità che la Campania accusa rispetto alle altre regioni. Al secondo, invece, lo Sceriffo ha chiesto provocatoriamente come sia possibile ammettere continue violazioni dell’articolo 3 della Costituzione che sancisce l’uguaglianza formale e sostanziale dei cittadini. Che cosa c’è dietro le parole di De Luca? Niente più della volontà di scaricare sui vertici dello Stato il peso politico di una gestione della pandemia e della campagna vaccinale tutt’altro che esaltanti. Negli ultimi giorni, infatti, per il presidente campano sono scattati diversi campanelli d’allarme. Primo fra tutti quello “suonato” dai piccoli imprenditori iscritti a Confcommercio e a Confesercenti, messi a dura prova dalla chiusura prolungata delle rispettive attività che in un anno ha mandato in fumo 50 miliardi di fatturato. De Luca si è schierato al loro fianco, ma non prima di aver stigmatizzato l’Italia «abbandonata a se stessa» e la mancanza di controlli sulle norme anti-Covid.

Altrettanto preoccupante, per De Luca, è la polemica che si è innescata sulla priorità nella vaccinazione degli abitanti e del personale turistico delle isole e delle località turistiche: una strategia che gli ha attirato le durissime critiche di compagni di partito come il presidente napoletano del Partito democratico Paolo Mancuso e il sindaco di Caserta, nonché leader regionale dell’Anci, Carlo Marino. Per non parlare dei residenti che, fingendosi caregiver, si sarebbero fatti vaccinare sottraendo, di fatto, le poche dosi disponibili di siero ad anziani e soggetti fragili. Quello di De Luca, insomma, è una sorta di scaricabarile. Il presidente della Regione insulta e delegittima, insinua e aggredisce, per nascondere il momento di impasse politica e amministrativa che sta vivendo. Il ragionamento è il solito: se la pandemia è sotto controllo e le vaccinazioni procedono spedite, il merito è suo; se la Campania resta in zona rossa e la campagna di immunizzazione subisce dei rallentamenti, la colpa è del Governo nazionale e delle Regioni del Nord, magari addirittura del Capo dello Stato.

Questa strategia pagherà anche ricchi dividendi a De Luca e compagni, ma non è di questo che la Campania ha bisogno. Oltre la massima collaborazione tra i vari livelli amministrativi impegnati nella lotta al Covid, alla regione servono idee, strategie e misure che consentano un rapido ritorno alla normalità, soprattutto ora che l’esasperazione della gente – non solo degli imprenditori, ma anche e soprattutto dei giovani – ha superato il livello di guardia. A De Luca, così come a Draghi, si chiede una via d’uscita dall’incubo Covid. Di certo non il solito scaricabarile.

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.