Un incidente che lo costringe a una vita senza potersi muovere, parlare o mangiare a soli 42 anni, costretto a vivere immobile da dieci a causa di una lesione spinale. Poi quella richiesta inoltrata a fine agosto, la prima in Italia, e ora respinta dalla Asl. Richiesta di suicidio assistito negata. Nonostante la sentenza della Corte Costituzionale che sancisce – per legge – il diritto di accedere al suicidio assistito, in Italia continua a essere negata la possibilità, a chi vorrebbe porre fine alle proprie sofferenze, di scegliere della propria vita. L’uomo ha provato tutto il possibile per migliorare le sue condizioni di salute, ma nulla. Ora dipende totalmente dall’assistenza che riceve. Quella richiesta, rifiutata dalla Asl è l’ennesima colpo inferto a chi non riesce più vivere, non così. «Questa Direzione ritiene che, allo stato attuale della normativa vigente, non sia possibile esprimere un parere favorevole alla sua richiesta» ha dovuto leggere l’uomo nella lettera di rifiuto.

Lo scorso anno la Consulta aveva definito non punibile chi agevola l’esecuzione del suicidio, in riferimento al caso di Marco Cappato, Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, che ha rischiato fino a dodici anni di carcere per aver accompagnato Fabio Antoniani (Dj Fabo) a morire in una clinica in Svizzera. L’unica alternativa possibile nel nostro Paese resta dunque affidarsi alle Dat (Disposizioni Anticipate di Trattamento) e rifiutare ogni trattamento sanitario.  È Filomena Gallo, avvocato e segretario nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, che sta assistendo l’uomo in questa battaglia giudiziaria: «Se accettasse la Dat morirebbe dopo enormi sofferenze e tanti giorni di attesa – e aggiunge – Il Servizio Sanitario Nazionale dunque, tramite questa Asl, ha negato ufficialmente quanto previsto dalla Consulta. Per questo stiamo preparando un’azione giudiziaria contro questo diniego di gravità assoluta e continuiamo a ribadire l’urgenza di una legge che regolamenti le scelte di fine vita a garanzia di diritti fondamentali».

Ma non è l’unico caso. L’Associazione Luca Coscioni sta aiutando a combattere anche un’altra persona, affetta da una malattia irreversibile. Dovranno trascorrere però quasi quaranta giorni prima che il paziente venga sottoposto alla prima visita per verificare la sua condizione e accertare la consapevolezza delle scelte che sta effettuando, anche solo per poter “scegliere” di sottoporsi a cure palliative. Un tempo troppo lungo per un malato terminale. Cappato, anche promotore della campagna Eutanasia Legale, si è espresso con parole decise sulla vicenda: «Ci sono Asl che calpestano una sentenza della Corte Costituzionale e impongono ai malati di soffrire impedendo loro l’aiuto a morire. Su questa gravissima violazione dei rapporti tra istituzioni, chiediamo risposte al Ministro Speranza, al segretario Zingaretti, al Presidente della Repubblica Mattarella e al Presidente Giuseppe Conte». Marco Cappato non si fermerà, come non si fermeranno anche Mina Welby e Gustavo Fraticelli e ribadisce: «Insieme ribadiamo pubblicamente l’impegno a portare avanti nuove disobbedienze civili. Se queste persone che si sono rivolte a noi – e tutte le altre che vorranno chiedere il nostro aiuto – non troveranno risposte alle quali hanno diritto, nei tempi giusti e rispettosi della loro malattia e del loro dolore, noi li aiuteremo ad andare in Svizzera per porre fine alle loro sofferenze».

La Asl, di tutta risposta, ci tiene ricordare che la Corte Costituzionale ha sollecitato il Parlamento a legiferare sulle modalità di esecuzione del suicidio assistito. Legge che ancora non c’è. E se su questo verrebbe quasi da concordare, come ribatte l’avvocato Gallo, una risposta di questo tipo non è comunque accettabile perché «disconosce la sentenza della Consulta che ha valore di legge. La politica dovrebbe recepire le richieste dei cittadini, ma spesso non è in grado di farlo e quindi attende che siano i giudici a pronunciarsi».